Ex Ilva, i giudici della Corte di Assise: «Razzismo ambientale ai danni di Taranto»

Ex Ilva, depositate le motivazioni della sentenza. «Per descrivere quello che è stato fatto al territorio tarantino attraverso le descritte condotte, si potrebbe addirittura ricorrere al concetto di razzismo ambientale, coniato dal leader dei diritti civili afroamericano Benjamin Chavis nei primi anni ’80». Così i giudici della Corte di Assise di Taranto nelle motivazioni della sentenza […]
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Ex Ilva, depositate le motivazioni della sentenza. «Per descrivere quello che è stato fatto al territorio tarantino attraverso le descritte condotte, si potrebbe addirittura ricorrere al concetto di razzismo ambientale, coniato dal leader dei diritti civili afroamericano Benjamin Chavis nei primi anni ’80». Così i giudici della Corte di Assise di Taranto nelle motivazioni della sentenza (3.600 pagine divisi in 15 capitoli) che il 31 maggio del 2021 ha condannato 26 persone, accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere, disastro ambientale aggravato colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni, omicidio colposo (in particolare due morti sul lavoro), danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico, corruzione, falso e abuso di ufficio, concussione (riguardante i presunti tentativi effettuati per ammorbidire i controlli o falsarne i risultati).

Ex Ilva, le motivazioni dei giudici di Taranto

«Zone – scrivono ancora i giudici – economicamente arretrate sono individuate come luoghi ove realizzare grandi impianti industriali o altre fonti inquinanti, senza che le istituzioni preposte ai controlli esercitino efficacemente le proprie prerogative e, in ultima analisi, senza alcuna considerazione della popolazione residente, costretta a vivere in un ambiente gravemente compromesso e esposta a maggiori rischi per la salute».

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Ex Ilva, le condanne

E poi continuano. «E del “metodo” costituente condotte penalmente rilevanti, come si è già accennato, non possono dirsi responsabili solo i vertici aziendali», aggiungono i giudici. Le condanne più pesanti hanno riguardato gli ex vertici dell’azienda siderurgica Ilva: Fabio Arturo Riva, condannato a 22 anni di reclusione; Girolamo Archinà, ex responsabile delle relazioni esterne e istituzionali, a 21 anni e 9 mesi; Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento, a 21 anni; Nicola Riva, fratello di Fabio, a 20 anni.


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