Elisabetta e le altre, la lunga scia di femminicidi nell’ultimo mese. «Approvare subito la riforma»

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di Riccardo Bruno

Dall’inizio dell’anno oltre 50 le donne vittime di uomini violenti. Gli ultimi casi e l’impulso ad approvare il pacchetto di norme anti-violenza elaborato dalle ministre

Elisabetta aveva quarant’anni e due bambine piccole
. Sembra che con il marito si stessero per separare, dopo l’ennesima lite lui l’ha colpita a morte con un coltello. Una tragedia fotocopia a molte altre: lui che non accetta la fine della storia o ancora è ossessionato da un amore malato. Lei spesso sottovaluta e non denuncia, oppure lo fa ma la giustizia e la burocrazia sono lente, oppure non comprendono la gravità del caso. Il risultato è quello che riportano le cronache ormai praticamente ogni giorno. Prima di Elisabetta Molaro, uccisa nella notte tra martedì e mercoledì a Codroipo, è stata purtroppo raccontata la fine di Renata, Gabriela, Lidija, Noelia, Stefania, Romina. Una strage che sembra aggravarsi mese dopo mese.

Anche nel 2022 il conteggio delle donne vittime di femminicidio in Italia è già alto. Difficile anche tenerlo aggiornato. Il report del Servizio analisi criminale della Direzione centrale della polizia criminale, aggiornato al 12 giugno, 50 donne vittime (su 123 omicidi in totale), di cui 43 uccise in ambito familiare/affettivo. L’Osservatorio femminicidi lesbicidi trans-cidi di Non Una Di Meno aggiorna il proprio database l’8 di ogni mese. A giugno erano già 51 le vittime, ma in questi ultimi giorni vanno aggiunti almeno altri 5 nomi. Come Gabriela Trandafir, 47 anni, e la figlia Renata, 22 anni. Sono state ammazzate a Castelfranco Emilia lunedì scorso a colpi di fucile dal marito di Gabriela, Salvatore Montefusco. Il giorno dopo doveva svolgersi l’udienza di separazione, Gabriela aveva denunciato l’uomo per maltrattamenti nel luglio di un anno fa, il mese dopo aveva presentato un’integrazione, a dicembre una seconda denuncia, altre due tra aprile e maggio fatte dalla figlia Renata. Lorena Puppo, 50 anni, invece, il 10 giugno è stata soffocata con un cuscino mentre dormiva dal compagno Giuseppe Santarosa, 55 anni, a Fossalta di Portogruaro. Lui poi si è tagliato la gola con un taglierino: si era fissato che lei avesse un amante.

E ancora le due donne uccise a Vicenza il 9 giugno da Zlatan Vasiljevic. Lidia Miljkovic, 42 anni,
era l’ex moglie, lui dopo la fine del matrimonio aveva avuto una relazione con Gabriela Serrano, 36, interrotta da poco. Vasiljevic ha sparato a entrambe e poi si è tolto la vita. Era stato arrestato nel 2019 per maltrattamenti in famiglia e minacce, nel febbraio dell’anno scorso aveva finito di scontare tutte le misure cautelari, tra cui il divieto di avvicinamento alla ex moglie e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il 19 maggio Noelia Rodriguez, 46 anni, è stata massacrata da 21 coltellate dal compagno Maximo Aldana de la Cruz, 53, a Rimini. La loro relazione durava da 15 anni. Lui ha spiegato agli agenti: «Non accettavo che non volesse più tornare a stare con me. Le avevo chiesto di sposarmi ha rifiutato e l’ho uccisa». Anche Romina De Cesare, 34 anni, è stata accoltellata dall’ex compagno Pietro Ialongo, 38, in un’abitazione nel centro storico di Frosinone. Lei si stava trasferendo dal nuovo fidanzato, lui non si era mai rassegnato all’idea di perderla.

Subito dopo ogni delitto, si rinnovano le solite polemiche e la caccia alle responsabilità. In questi anni più volte è stato lanciato l’allarme sui fondi che non arrivano ai Centri anti-violenza, sulla risorse esigue e mal distribuite, sulla necessità di un cambiamento più profondo di mentalità che investa tutta la società. C’è intanto uno strumento più concreto e immediato, che giace in Parlamento in attesa di approvazione. Lo ha ricordato dopo il duplice omicidio di Castelfranco Emilia la ministra Mara Carfagna. È il disegno di legge contro la violenza sulle donne frutto di un lavoro congiunto delle ministre dell’Interno e della Giustizia Luciana Lamorgese e Marta Cartabia, insieme alle colleghe Gelmini, Carfagna, Bonetti e Stefani, che prova a colmare alcune lacune emerse dopo l’approvazione del cosiddetto Codice rosso nel luglio 2019. È composto da dieci articoli, e prevede ad esempio il fermo immediato dell’indiziato per minacce, lesioni e stalking, la possibilità di una vigilanza dinamica della vittima, l’uso rafforzato del braccialetto elettronico, la procedibilità d’ufficio anche in assenza di denuncia, un sostegno economico per chi sporge querela già nella prima fase d’indagine.

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