Eccoci, finalmente: ora comincia la grande diserzione

Le grandi rivoluzioni, si dice, sono sempre state progettate, innescate e dirette da formidabili élite avanguardistiche. Vero, ma poi che fine han fatto, quei rivolgimenti?
Quanto alle élite, oggi sembra disastrosamente crollato il loro prestigio: persino l’oceanico astensionismo che ha rimpicciolito le ultime elezioni italiane (amministrative, per giunta: tradizionalmente partecipate) suona come una campana a morto, per chi è solito utilizzare pedine locali. Sembra un avviso rivolto non solo al super-governo del Tecnocrate, ma in fondo anche alle possibilità dell’intera politica liberale, democratica, completamente svuotata.
L’arena è ormai percepita come corrotta, infiltrata, devitalizzata: nemica, addirittura.
Manipolata proprio dai mediocri, impresentabili terminali di quelle stesse élite che oggi esternano il loro delirio globalista a vocazione totalitaria.
Lo fanno senza più nemmeno nascondersi, dichiarando in modo esplicito i loro obiettivi apertamente zootecnici. Imperativi categorici e funesti, monotoni e minacciosi: magari inventano emergenze e pandemie, mettendo in croce i sistemi sanitari con artifici criminosi.
Ieri si sfoderava la menzogna per armare la paura e l’infamia, l’affronto delle restrizioni; oggi non si esita a ricorrere al brutale ricatto per prolungarle all’infinito, quelle restrizioni, allo scopo di ottenere la digitalizzazione forzata del gregge, occasionalmente spacciata per campagna vaccinale.
Le conseguenze sono deflagranti, potenzialmente rovinose.
Fa impressione il volume dell’imponente, storica diserzione che ha l’aria di essere ormai alle porte. Può ricordare, in duce, il lampo di certe eroiche latitanze, compresa quella dei resistenti del 1943, mescolato con il furore sfocato e la passione civile degli studenti del Sessantotto e poi dei loro emuli NoGlobal massacrati al G8 di Genova, al fervore giustizialista dei giovani nelle strade di Manhattan in mezzo ai cortei di Occupy Wall Street. Destra e sinistra – le antiche maschere del Novecento, costate milioni di vite umane – nel frattempo sono cadute con ignominia, lungo la strada. Sopravvivono solo nei patetici avanspettacoli nazionali, ancora indossate da burattini manovrati da consorterie di manovratori, a loro volta pilotate, in un gioco di scatole cinesi che sembra senza fine.
Di fronte a quanto va accadendo, la stessa geopolitica rischia di ridursi a semplice fotografia laconica di traiettorie contingenti, che non raccontano niente di essenziale.
Quando le autorità ti spiegano che – senza il lasciapassare, imposto in virtù di un pericolo inesistente – non potrai più nemmeno accompagnare tuo figlio all’asilo, in quell’istante crolla ogni residua disponibilità di ascolto.
Viene meno la fiducia verso qualsiasi narrazione che suoni anche solo vagamente politichese (cioè sentita come cadente, difettosa, debole e imprecisa, reticente, impastata di bugie fumogene). Quando prendi a badilate in faccia milioni di persone, in quel preciso istante saltano gli schemi (etici ed estetici, cosmetici, formali e sostanziali) su cui s’era fondato il patto, sempre instabile ma mai rinnegato, tra governanti e governati. Mala tempora currunt: sintetizzando, l’economista Ilaria Bifarini spiega a quali prove si sta pensando di sottoporre l’Occidente, grazie allo stratagemma (vile, in quanto artificioso e ancora una volta insincero) della presunta emergenza climatica.
Tutto è crollato, nel frattempo: tutte le retoriche del progressismo e del sovranismo, del male necessario (“ce lo chiede l’Europa”) e dei tremuli paladini populisti. E’ scaduto il tempo dei sofisti, dei dotti discettatori: oggi il governo prende per il collo gli italiani, li tratta da animali? Esige che si pieghino, dispone che vengano emarginati i refrattari?
E’ la fine di un film, durato decenni e costato sangue.
E si può ben immaginare quanto poco importi, a quei 20-25 milioni di persone, chi sarà il prossimo diligente esecutore insediato a Palazzo Chigi, chi sarà il prossimo inquilino del Quirinale, se le leggi fondamentali sono diventate carta straccia.
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E’ stata sempre lei, l’élite apolide teatralmente bifronte, a rubare il tempo ai sudditi: ha disciolto gli orologi, ha gettato le famiglie nell’angoscia.
E lo ha fatto vorticosamente, alla velocità della luce. Succede in tutto l’Occidente, e quasi solo in Occidente: nel nostro caro Occidente post-democratico (dove si viene censurati come in Corea del Nord, si viene sospesi e magari destituiti, ma – almeno per ora – si resta a piede libero).
Per contro, è come se procedesse un piano misterioso, concepito da un’impalpabile intelligenza superiore: quella che, quando scatena il peggio, forse lo fa soltanto perché si possa un giorno partorire il meglio, che fiorirà quando i dormienti – azzannati alla gola – si saranno finalmente risvegliati. Lo pensano svariate voci di questa Italia che si è scoperta intrappolata, dopo aver sopportato (come disagio accidentale, transitorio) la pessima gestione del dichiarato allarme sanitario, manipolato nel più subdolo dei modi. Ora lo si è capito: era soltanto la “fase uno” del progetto; il meglio verrà adesso. Colpisce, in questo frangente, chi maneggia la terminologia degli antropologi, parlando di speciazione: il bivio evolutivo che separerebbe, definitivamente, i sommersi dai salvati. Lo scienziato Corrado Malanga, chimico e anche “alienologo”, per 35 anni docente universitario, cita il secondo principio della termodinamica: non si può retrocedere, dal livello di coscienza acquisito; al contrario: dato che l’entropia nell’universo si espande sempre, non si potrà che progredire sulla strada della consapevolezza.
Malanga fruga nel terreno che un analista come Matt Martini definisce “esopolitica”. Ne sa qualcosa, sicuramente, anche Mauro Biglino. L’ipotesi: si può dedurre che persino l’Antico Testamento parli dell’ingerenza “aliena” nelle faccende terrestri, posto che si ammetta – stando all’interpretazione letterale del testo – che la Genesi possa anche descrivere una forma di clonazione, operata da individui non umani, per dar vita a una particolare variante del Sapiens. Che poi le religioni vi abbiano steso il loro affascinante velo di misticismo, è persino scontato (quanto la convenzionalità simbologica dell’altrettanto suggestivo esoterismo). Nulla però che impressioni un cattedratico come Egael Safran, docente di etica medica all’università di Gerusalemme: perché stupirsi della “produzione” della pecora Dolly, dice, quando è la stessa Bibbia a raccontare come fu “fabbricata” geneticamente la famosa Eva?
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Un altro autorevole esponente della grande cultura che permea l’ebraismo, Yuval Noah Harari (storico dell’Università Ebraica di Gerusalemme), si permette una domanda urticante: vuoi vedere che la cyborg-élite dell’Uomo-Dio, quella che vorrebbe digitalizzare l’essere umano fino a robotizzarlo, inseguendo il sogno dell’immortalità, sarà tentata dal desiderio di archiviare anche la nostra gloriosa democrazia liberale? Ancora una voce israeliana – quella del generale Haim Eshed, insigne accademico per trent’anni a capo della sicurezza aerospaziale di Tel Aviv – un anno fa se n’è uscito con la seguente dichiarazione: da decenni collaboriamo con alieni, nell’ambito di una Federazione Galattica. Poco dopo, all’indomani delle esternazioni di Trump sulla “neonata” Space Force, il Pentagono ha sdoganato l’esistenza degli Ufo, amabilmente ribattezzati Uap. Bene: ma tutto questo cosa c’entra, con l’ignobile Green Pass? Stiamo parlando di notizie che riguardano lo stesso mondo, quello in cui viviamo tutti, o di qualche ipotetica realtà parallela?
Tranquilli: per ora non calerà dal cielo nessuna Astronave Madre, dice Michele Giovagnoli. Lui è un alchimista “selvatico”, impegnato a estrarre – dalla sapienza ancestrale del bosco – le essenze che oggi possono vivificare gli smarriti. E’ una persona straordinaria, della cui amicizia si può essere onorati. Venti mesi fa, nel marzo del 2020, s’era premurato di avvertire: ragazzi, sta per succedere qualcosa di epocale. E sarà la nostra grande occasione: riconquistare finalmente l’identità profonda, irriducibilmente umana, verso un altro mondo possibile (il nostro). Così s’è messo a battere le piazze italiane, radunando anime: a tutti ha regalato parole come quelle di cui era maestro un artefice assoluto come Guido Ceronetti, nemico del pensiero facile alleato delle comodità low cost (timeo Danaos et dona ferentes).
State fermi, raccomanda l’alchimista: restate saldi nelle vostre convinzioni. E riscoprite il vero motore che vi muove, il cuore. E’ quello che più teme, chi vorrebbe continuare – come ha fatto per millenni – a dominare sudditi impauriti, disinformati e depistati. Diciotto mesi fa, si spegneva un’altra luce: Giulietto Chiesa. Il primo a denunciare il dramma della falsificazione mediatica elevata ormai a sistema. L’ispido Paolo Barnard gli aveva riconosciuto una dote suprema: il coraggio, più unico che raro, di aver saputo mettere a repentaglio tutti i privilegi faticosamente e meritatamente conquistati, gettati al vento pur di restare al servizio della causa suprema della verità. Velo pietoso sulla montagna di spazzatura che oggi il coro ufficiale ci propina con protervia, a reti unificate. Velo pietoso sui tiepidi, su tattici, sugli opportunisti. Non c’è più tempo per le parabole ipotetiche: dal 15 ottobre, come ha stabilito il Gran Consiglio Unanime, l’umanità dovrà dividersi definitivamente.
Chi accetta di piegarsi, chi affronterà il deserto.
C’è una bandiera pirata, che sventola da qualche parte. L’appuntamento con la speciazione? O forse, sarà la semplice bellezza del continuare ad abbracciarsi, liberi, rifiutando l’oscenità inaccettabile della coercizione? Noi resteremo qui, par di capire: assecondando una legge, una chiamata.
L’amore per un gesto naturale e semplicissimo: testimoniare la verità, non rinnegarla.
Non smettere di cercarla, mai, anche se le verità artificiali piovono dal cielo, a tonnellate, quasi sommergendoci. Niente paura: non finirà come credono i gestori dello zoo, dice Michele Giovagnoli. Certo, la diserzione avrà il suo costo: bisognerà esserne all’altezza; occorrono doti interiori, per costruire un altro mondo. Fede e speranza – sottolinea – sono bandite, nell’officina dell’alchimista. Deve bastargli la forgia di Giordano Bruno, l’ostinazione titanica di Giuseppe De Donno, l’intransigenza trasparente di Nunzia Alessandra Schilirò. Dall’altra parte, il potere alieno farà i suoi calcoli. Ma quelli, dice Michele, non sono della nostra razza: ora, almeno, sarà chiaro a tutti (ai non dormienti, s’intende). Forse ci siamo noi, adesso, sull’Astronave Madre. A bordo dell’Arca del Diluvio, su cui svetta il Jolly Roger della patria a cui ciascuno sente di avere pieno diritto, dalla nascita.
Tanta tenebra, alla fine, ha generato luce. Tutto è perfetto, ora. Tutto è chiaro.
(Giorgio Cattaneo, 15 ottobre 2021)
Fonte: Libre Idee.org

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