Don Nicolò Gaggia, prete-coraggio di Perugia: chi non denuncia le baby-gang non sarà più padrino e madrina

di Ferruccio Pinotti

In una lettera pastorale appesa fuori dalla sua Chiesa, il parroco, 29 anni, ha assunto una posizione forte contro le bande di giovani che seminano paura e disagio a Villa Pitignano. «Chi è omertoso non è un buon cattolico»

Chi non denuncerà gli atti di vandalismo e violenza ad opera di minorenni che terrorizzano gli abitanti di Villa Pitignano, una frazione di Perugia, non avrà la possibilità di fare da padrini o madrine per battesimi e cresime. È la decisione che ha preso il parroco don Nicolò Gaggia, 29 anni, dal dicembre 2021 parroco di Santa Maria Assunta (più una seconda cappella annessa) nella bella comunità di 3.000 abitanti affacciata sulla Valle Tiberina, tra le meravigliose colline umbre. Anche qui come in tante parti d’italia il fenomeno delle baby-gang — in realtà delinquenti minorili organizzati — è in crescita e crea allarme sociale. Secondo il sacerdote, chi non denuncia gli episodi di cui è testimone non potrà fare da padrino o madrina, poiché vive «manifestamente in maniera difforme alla fede cattolica». Al Corriere don Nicolò spiega: «Sarà inoltre sospesa la possibilità di accedere alla Caritas parrocchiale, poiché non si può chiedere la carità ad una comunità e poi rivoltarsi contro di essa».

Gli episodi di violenza e la lettera pastorale

Il parroco ha affidato il suo messaggio a una lettera pastorale pubblicata all’ingresso della chiesa. Con il Corriere don Gaggia parla di «incresciosi fatti avvenuti prima, durante e dopo la messa del mercoledì sera, eventi che si collocano sulla linea di un degrado sociale che è in atto nel nostro paese: mentre la messa era in corso alcuni giovani hanno devastato la vicina pensilina dell’autobus. Chi uscendo dalla Chiesa ha provato a fermarli è stato aggredito e percosso, tra le urla “Tanto siamo minorenni, non potete farci nulla, provateci e vi denunciamo noi”». Il religioso ha rivelato poi tentativi di rissa, aggressione verbale e minacce a bambini, come pure tentativi di effrazione all’asilo delle suore: «Anche i più piccoli sono stati minacciati e ho dovuto ripararli in Chiesa. A un signore che ha tentato di riprendere questi ragazzi violenti è stato spaccato il setto nasale, mentre una lavanderia è stata devastata. Oramai molte ragazze hanno paura ad uscire di casa da sole la sera», racconta il parroco al Corriere.

Uno stop fermo che ha trovato molti consensi

Di fronte a questi episodi il giovane sacerdote si è ribellato. «Non è più possibile leggere questi eventi come singoli e sporadici — ha affermato don Nicolò —, ma concatenati tra loro e con altri che, in questi ultimi mesi soprattutto, li hanno preceduti». «È compito del prete denunciare tali fatti? – si chiede nella lettera il sacerdote – Sì, deve! È compito primo del pastore difendere il proprio gregge, non solo dai pericoli spirituali, ma anche da quelli temporali, qualora ledano i diritti di Dio e la dignità stessa dell’uomo. Il nemico però che affligge soprattutto il cuore del pastore, poiché lede la dignità dell’uomo, è un altro: l’omertà! Confidando non tanto nella fede, ma nell’intelligenza ed onestà di tutti, invito ognuno, col cuore in mano, a prendere sul serio quanto sta accadendo ed a vivere in maniera responsabile questo momento, in spirito di collaborazione».

Basta con le complicità

La presa di posizione del parroco ha trovato consensi. «So che oltre a noi anche altre persone hanno denunciato» e ha parlato di reazione positiva «con messaggi di solidarietà e vicinanza» da parte della popolazione di Villa Pitignano, ma anche dal preside dell’istituto teologico di Assisi. Il parroco don Nicolò Gaggia commenta: «Questi fatti tendono a destabilizzare i ragazzi e la gente del posto. La mia reazione è stata quella di comunicare alla gente che l’impegno per una vita cristiana è intrinseco con quella sociale. Qualora uno veda dei fatti e non li denunci, seppure per comprensibile paura, si fa in qualche modo complice. Non possiamo diventare come certe realtà urbane degradate. Non è più il momento in cui ciascuno può guardare il proprio orto e soprattutto può continuare a dire tengo i figli in casa per paura di quello che accade fuori». «Come diceva San Tommaso – ha detto ancora il parroco al Corriere – la Chiesa ha sempre avuto l’idea che la legge educa. Per questo ho deciso che se qualcuno vede ma non denuncia o invita gli altri a non farlo, e il parroco lo viene a sapere, gli venga interdetta la possibilità di fare da padrino o madrina perché non può essere d’esempio nella vita cristiana ai più piccoli. Il mio – conclude don Niccolò – è un tentativo di educare in maniera chiara la gente».

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