Dalla richiesta di maggiore libertà al tifo per Putin: “La strana storia dei no green pass”

È difficile non giudicare sconcertante il sostegno che tanti «no green pass» forniscono a Putin e alla orwelliana propaganda del Cremlino. La battaglia contro il certificato vaccinale è una lotta contro lo statalismo illiberale e la sua vocazione totalitaria, in favore della libertà, della responsabilità individuale, della giustizia e della verità.
Come è possibile che tante persone che hanno sostenuto i suddetti valori, ora guardino con simpatia a un autoritarismo asiatico, che non avrà adottato il green pass ma che è altrettanto illiberale?
Putin, che si è vaccinato per ben tre volte, che ha adottato misure anti-Covid non dissimili da quelle europee, che ha introdotto l’obbligo vaccinale per alcune categorie di lavoratori, non può essere un leader del movimento per la libertà di scelta.
Per conoscere la situazione russa non bisogna leggere il «Corriere della Sera» ma la «Novaja Gazeta», non «La Stampa» bensì Garry Kasparov, Anna Politkovskaja, Boris Nemcov, Stanislav Markelov o Vladimir Bukovskij.
Il movimento «no green pass» diceva di essere per la libertà individuale, ma adesso strizza l’occhio a un despota che condanna a quindici anni di carcere non solo quelli che manifestano contro la guerra, ma semplicemente coloro che definiscono «guerra» quanto avviene in Ucraina. Se avete trovato insopportabile il «lockdown», provate a immaginarvi in galera per oltre un decennio.
Il movimento «no green pass» chiedeva più democrazia e maggiore pluralismo, mentre ora applaude il Cremlino e finge di non sapere che nella Russia di Putin la libera ricerca storica è ostacolata, i diritti politici limitati, l’informazione libera annichilita, l’opposizione interna perseguitata, i giornalisti assassinati, la società civile soffocata. Parliamo di un luogo dove la violenza esercitata in Cecenia, Ossezia, Siria e Ucraina investe tutta la società. È lecito sospettare che manifestanti «no pass» non siano contro tutte le dittature, ma solo contro quella che li danneggia.
pass gren
Il movimento «no green pass» ha fatto un massiccio uso di Telegram, un’applicazione creata da Pavel Durov, un giovane russo che si oppone al regime putiniano e che è scappato dalla Russia per non essersi piegato a Putin, che chiedeva la chiusura dei canali di Vkontakte, social sempre fondato da Durov, agli oppositori dello Zar. Telegram, oggi, per ironia della sorte, è il mezzo di comunicazione preferito dalla resistenza ucraina.
Se vivere in una democrazia degradata, all’interno della quale le libertà vengono violate, la discriminazione ufficializzata, il pluralismo dell’informazione minacciato, il controllo della popolazione generalizzato attraverso un certificato vaccinale, spinge molti a guardare con ammirazione un dispotismo cleptocratico, allora significa che non si è ancora compreso il valore della libertà.
Alla fine, in Italia, trionfano sempre i sentimenti filotirannici: qualcuno venera Draghi, qualcun’altro Putin; l’importante è avere un «uomo forte» da trasformare in totem e feticcio. Aveva ragione Carlo Levi, la grande paura degli italiani è quella della libertà.
Davide Cavaliere 
Fonte: Il Detonatore.it

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