Cappella Sistina, quando il turismo di massa deturpa un patrimonio dell’umanità

Il tesoro, posto all'interno dei Musei Vaticani, è quotidianamente invaso da turisti che, il più delle volte, non sembrano avere contezza della sacralità del luogo in cui si trovano. Non sarebbe meglio regolare gli accessi?

La Cappella Sistina è, senza dubbio, uno dei luoghi simbolo della Chiesa Cattolica. Al suo interno si svolge il conclave, il momento in cui i cardinali scelgono il nuovo Papa. La Cappella Sistina è, al di là dell’aspetto religioso, un patrimonio assoluto dell’umanità. È infatti conosciuta in tutto il mondo per i suoi affreschi, tra i quali spiccano quelli con cui Michelangelo ha decorato la volta.

Oggi la Cappella Sistina è inserita all’interno del percorso dei Musei Vaticani, il terzo museo più visitato al mondo, con quasi 6 milioni di biglietti staccati ogni anno. E proprio qui nasce il problema… 

La Cappella Sistina e il turismo maleducato

Per comprendere cosa non va nella gestione della Cappella Sistina è sufficiente visitarla in un giorno qualsiasi di apertura. Dopo aver percorso uno stretto corridoio in salita, si arriva finalmente alla porta d’ingresso. Per chi non c’è mai stato, si tratta di un momento magico. La fama che precede la Cappella Sistina è nota e sono pochi al mondo i luoghi in grado di racchiudere in uno spazio così piccolo sacralità, storia e arte.

Peccato però che lo spettacolo che si presenta davanti agli occhi sia desolante. L’intera Cappella è completamente invasa dai visitatori. E già questo lascia, per certi versi, sconcertati. Ma la questione è altra: i turisti al suo interno non sembrano avere alcun rispetto del luogo in cui si trovano.

Incuranti dei cartelli, scattano foto. Qualcuno in vista, subito braccato da chi è lì per vigilare. Altri di nascosto, approfittando della calca.

Incuranti dei cartelli, parlano in continuazione. E a nulla serve l’appello, ripetuto ogni cinque minuti al microfono come fosse una litania, dai vigilantes: «Silenzio per favore, silence please, silence s’il vous plait». Il tono di voce si abbassa per qualche istante e poi torna il brusio.

Per terra, qua e là, si vedono bottigliette e mappe del museo, abbandonate.

Il tutto contribuisce a togliere magia a un luogo unico al mondo e lascia una sensazione di disagio a chi si aspettava di trovare davanti agli occhi uno spazio sacro, dedito all’arte e alla spiritualità.

Cappella Sistina, quando il turismo di massa deturpa un patrimonio dell'umanità

 

Ingressi scaglionati, perché no?

Guadagnando l’uscita, la domanda sorge spontanea: ma perché non scaglionare gli ingressi? Il pensiero va, per esempio, alla Cappella degli Scrovegni, capolavoro padovano, il cui accesso è rigidamente gestito e cadenzato, sia per tutelare l’opera sia per permetterne una fruizione migliore. Stesso discorso per un altro spazio universalmente noto: il Cenacolo Vinciano. Anche in questo caso i turni di visita sono rigidi: massimo 35 persone ogni quarto d’ora, con obbligo di prenotazione.

Per la Cappella Sistina non funziona così. O meglio, funziona così soltanto se si prenota un biglietto “Extra time”. Costa 78 euro e garantisce una visita guidata nei Musei e l’accesso alla Cappella Sistina dopo la chiusura al grande pubblico. Un’eccezione quindi, non la normalità.

Ma perché non imporre anche qui il numero chiuso? In passato se n’era parlato, ma il Vaticano si era detto contrario. Gli studi hanno infatti confermato che, grazie anche all’adozione di precise tecnologie, l’alto numero di visitatori non ha impatto negativo sugli affreschi.

Bene, perfetto, ma il nostro punto di vista è differente e non riguarda la conservazione. Comprendiamo infatti come la gestione di quasi sei milioni di visitatori all’anno non sia paragonabile a nessun’altra realtà del nostro territorio e come questi numeri rendano difficile una gestione più rigida degli ingressi. Allo stesso tempo però pensiamo che lasciare la Cappella Sistina in mano a orde di turisti senza provare a trovare una soluzione sia grave e sia una mancanza di rispetto, sia per il luogo sia per quei visitatori che di rispetto, invece, ne portano.

Davvero si vuole scegliere, ancora una volta, la quantità rispetto alla qualità? 

 

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