Breve “Lezione” sulla non-libertà

Ci sono discussioni che si fanno per il piacere di conversare, pourparler come dicono i francesi. E per di più, anche quelle vanno condotte nella maniera giusta. Se si dice al vicino di casa: “Ma le pare una primavera normale, con questo freddo?” si fa conversazione; se si prende un’aria dotta e attraverso una copiosa barba bianca si parla di un grave mutamento climatico, ci si fa ridere dietro. E il motivo è semplice: spesso, nei rapporti di cortesia, di buon vicinato, di amicizia, l’obiettivo di una conversazione non è avere ragione (viceversa si chiama disputa) ma trovare un pretesto per socializzare. Ragione per la quale – stupirà chi mi conosce come Franco Marino – evito, in quanto Francesco (il mio vero nome) di parlare di politica dal vivo. E quelle rare volte che ne parlo, ficco un paio di obiezioni con toni flemmatici, alla Zeman, comprensibili solo da chi ha un udito fine (cioè, essendo avviato verso una serena ma inesorabile sordità, non riuscirei a stare dietro ad uno come me) e senza pretese, ben consapevole della vacuità della cosa. Se l’interlocutore non si convince, faccio finta di niente.
Per sostenere le mie posizioni in una discussione, dovrebbero verificarsi queste condizioni: ritenere che sia utile; che si vinca qualcosa, soldi o la stima della comitiva; che valga la pena vincerla. Cioè mai. Spesso, anzi, si passa solo per noiosi e saccenti, anche se si riempiono le proprie considerazioni di condizionali e di “a mio modesto parere”. E anche se non si è circondati da persone mentalmente basiche.

Poi ci sono quelle discussioni sulla libertà che, dal momento che vengono scritte sui social, danno – a colui che le pubblica, a coloro che vi intervengono – la percezione che, solo perché scritte, siano più importanti. In realtà sono discorsi inutili e oziosi come le chiacchiere politiche da comitiva. Come lo è anche questo articolo, che chiamo lezione in chiave ironica soltanto per rispondere ad un altro articolo “breve lezione sulla libertà” (mi prendo troppo poco sul serio per ritenere “lezioni” i miei articoli).
Ma che si tengano per conversare, o animate con la presunzione di stabilire verità valide una volta e per tutte, le discussioni sulla libertà si impantanano sempre su un punto di rottura: il fatto che la libertà sia nient’altro che una legge. In altre parole, se una donna tradisce un uomo in Italia, con i tempi che corrono, viene addirittura lodata: si è ribellata al patriarcato. Se ci prova in alcuni paesi che pure sono simpatici alla sinistra radical chic, rischia di essere lapidata. Col consenso dello stato. Peraltro, non si può certo dimenticare che qui in Italia il delitto d’onore ha costituito per molto tempo una circostanza attenuante dell’omicidio. E non si parla della preistoria. Ma del 1989.
A fare le leggi che definiscono ciò che siamo liberi di fare e cosa no, è sempre e solo lo stato. Che è sempre e solo la fazione militare più forte di un territorio. Condizione necessaria e sufficiente. Necessaria perché se non è la fazione militare più forte del territorio non può imporre la sua volontà. Sufficiente perché se lo è, può fare letteralmente quel che gli pare. Come si è visto col Covid. Ci sono poi quelli che si ribellano e lo abbiamo visto. Le manifestazioni, gli scioperi. Ma se lo stato si fosse permesso di minacciare pesantemente le stesse persone che non si sono vaccinate, per esempio introducendo l’obbligo vaccinale, ai no-covidvax non sarebbero che restate due strade: vaccinarsi, espatriare. Sì, poi c’è chi dice che prenderebbe il fucile. Ma poi bisogna passare dalla ragione ai fatti. Dalla convinzione di dover sacrificare tutto ciò che abbiamo, di rischiare di finire all’ergastolo. E lì, molti eroi di cartapesta si afflosciano. Ho già scritto in un recente articolo perché noi non siamo liberi. Perché il nostro è un sistema politico che si basa su una crescente debolezza delle istituzioni preposte a difendere la libertà, cioè un diritto, rispetto ad istituzioni che si fondano sul profitto e dunque, laddove possano, cercano di pervertire il diritto. Ogni sistema di potere tenta sempre di diventare sistema di governo.

libero arbitiro

Si prenda Facebook. Sebbene essa non possa permettersi alcune libertà che si prende, tipo quella di bannare alcuni account che esprimono il proprio pensiero, lo fa lo stesso. Ma non è uno stato, è un’azienda. Si è impossessata grazie all’aiuto degli stati della quotidianità di molti e oggi tiranneggia il dibattito pubblico. Si può decidere di non farne parte? Certo. A patto di condannarsi di fatto ad un autoisolamento. Del resto, se nel lontano 2005 mi avessero detto che un giorno mio zio, oggi novantaquattrenne, avrebbe scritto post su un forum (Facebook questo è) non ci avrei mai creduto. E dunque le persone, anche quando in teoria posseggono un certo spessore, vengono comunque soggiogate da sistemi di potere invisibili, che possono piegare menti anche di altissimo valore. Perché la libertà è possibile solo se accompagnata dalla conoscenza totale su tutte le questioni più importanti su cui siamo chiamati ad esprimerci. E dal momento che questo non è mai possibile, una volta che si posseggono i vettori dell’informazione specializzata, ecco che si condiziona l’opinione. In sintesi, noi non siamo davvero liberi, ci illudiamo di esserlo. E quando prendiamo atto di questa illusione, a cui segue la disillusione e la consapevolezza di dover reagire, non ci si può aspettare che la reazione allo stesso avvenga per germinazione spontanea.
Certamente, esistono persone che nonostante tutto il bombardamento di due anni di pandemia, hanno resistito. Io sono tra questi e, assieme a me, milioni di persone. Ma se non sono la fazione militare più forte di un territorio, sono destinate a soccombere. Per ribellarsi allora devono diventare stato. E dunque devono imporsi. Ecco perché il discorso che fanno molti “Dipende da te non mangiare hamburger da McDonald” non è a mio avviso valido. Perché se le istituzioni che in teoria dovrebbero difendere la nostra libertà di scelta, vengono indebolite da enti non statali che si fanno legge e che penetrando nel tessuto sociale, formano gusti e opinioni, automaticamente le nostre non saranno mai scelte dettate da una vera libertà, ma sempre originate dall’obbedienza alle mode imposte dal potere. Qualcosa su cui Leopardi, nel suo Zibaldone, scrisse cose di una sconcertante attualità duecento anni fa. Perché, sembra strano, ma fino ad oggi non c’è nessun obbligo vaccinale, salvo quello, peraltro recentissimo, per i cinquantenni, che scadrà il prossimo 15 Giugno e che prevede una multa ridicola una tantum di 100 euro. Il vero obbligo lo hanno creato i media. Rendendo la vita impossibile a chi ha deciso legittimamente di compiere una scelta differente, condizionando le persone al punto di rompere i rapporti con amici e parenti, addirittura inducendo alcune coppie alla separazione.

Nel momento in cui non si scardina con la forza questo sistema, si vivrà sempre a cavallo tra l’illusione di essere liberi e la disillusione fattuale che ci dice che non lo si è neanche un po’. E dal momento che il regime dominando, sia pure surrettiziamente, il dibattito pubblico, forma le opinioni che ritiene funzionali, ecco il sistema calare l’amo a cui stanno abboccando anche molti no green-pass: Putin dittatore. Putin nemico della libertà e della sovranità del popolo ucraino, Putin mandante degli omicidi dei suoi avversari politici. Accuse che avrebbero senso se non provenissero da paesi dove si è criminalizzato chiunque avesse idee sovraniste, dove per due anni, attraverso il ricatto, si è sostenuto che in nome della vita, si dovesse barattare la libertà mentre oggi con un ribaltone si sostiene che in nome della libertà si debba barattare la vita, dove si prende in giro chi non crede al vaccino, appellandolo come complottista, senza curiosamente però spiegare quali prove stabiliscano la natura dittatoriale di Putin, dal momento che la Russia è comunque un paese dove si tengono regolari elezioni e quali indizi indichino che Putin sia il mandante dell’omicidio della Politkvoskaja. Putin, per dire, ha sempre negato le accuse.
Lo stesso regime ha convinto le masse che il fascismo e il nazismo fossero il male assoluto dagli stessi, ma oggi si allea con i nazisti ucraini, contro la Russia, un paese senza il quale oggi l’intera Europa sarebbe nazista.
E dopo che quelli che credono di essere liberi, sono stati convinti per decenni che i vaccini ci avrebbero protetti da ogni male, oggi scopriamo che le tre dosi di vaccino vi servono a non finire in terapia intensiva.
In questo paese dove siamo liberi di formare il nostro consenso, in tanti hanno, in sostanza, creduto – pena l’isolamento sociale e dunque economico – a tutte le puttanate che vi sono state raccontate. E a raccontarle sono gli stessi che oggi combattono contro Putin, definendolo il nuovo Hitler.

Siete sicuri che il problema sia Putin? Ma soprattutto, siete sicuri di essere davvero liberi? E come pensate di uscirne? Democraticamente? Esibendo una libertà di scelta che non avete?
Oggi non esiste alcuna libertà. Siamo soggiogati da un regime che ha messo in luce come si possa tiranneggiare molto facilmente un popolo spostando i tiranni dietro le quinte e mettendo sul palcoscenico una marionetta con le fattezze di un uomo libero. E se a questo si aggiunge che questo sistema vuole convincerci che 2+2 faccia 5, che i sessi siano non due ma tanti e in più ci sta lentamente togliendo tutto, a maggior ragione l’unico modo per scardinarlo è la forza. Senza illuderci che la libertà di non mangiare da McDonald equivalga alla libertà. Oltretutto anche questa libertà può essere facilmente negata. Basta convincervi (e ci stanno già provando) che la pizza sia cancerogena.
La convinzione di essere liberi di formarvi le opinioni, attraverso le informazioni che i tiranni controllano dietro le quinte, è la vera dittatura di oggi.

FRANCO MARINO
Fonte: Il Detonatore.it

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