Aumenti degli estimi, rischio Imu e Tari: come sarà la riforma del Catasto

La riforma adeguerà le attuali rendite ai prezzi di mercato, che sono in media del 128% superiori. Le stime Uil: nel capoluogo lombardo cifre triplicate, rialzi inferiori a Genova, Bologna e in periferia.
Roma – Nessuno pagherà tasse più alte sulle seconde case, almeno nei prossimi quattro anni. Ma dal primo gennaio 2026 tutto il patrimonio immobiliare italiano – 25 milioni di proprietari di 35 milioni di immobili – sarà rivoluzionato. La riforma del catasto – appena inserita nella legge delega fiscale e per ora definita «operazione statistica di trasparenza» dal premier Draghi – impatterà sul mattone in modo evidente.

Centro peggio della periferia

A livello nazionale, la Uil-Servizio Lavoro, Coesione e Territorio proietta aumenti medi del 128% di estimi e Imu, un Isee quadruplicato (+318%) e un possibile rialzo della Tari, la tariffa sui rifiuti. Vediamo cosa potrebbe succedere in sei grandi città, distinguendo tra zone centrali e periferiche: Roma, Milano, Bologna, Genova, Napoli, Bari. La conclusione è presto detta: la rivalutazione delle vecchie rendite ai valori di mercato, se venisse poi adottata come base per il calcolo delle imposte, picchierebbe duro sui centri, meno in periferia. Nessuno pagherebbe meno.

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Milano e Napoli in cima

Vanno meglio le città che hanno già “riclassato”, ovvero adeguato i valori, seppur per zone, come Genova e Bologna in periferia. Sotto le due Torri ad esempio tutte le case periferiche nella categoria A3 sono passate ad A2. Non a caso Bologna è oggi tra le città più care per l’Imu. E quindi quella che meno risentirebbe della riforma del catasto: in periferia i valori degli immobili salirebbero di appena l’1,5%, a differenza del centro: +56%. Peggio fanno Milano e Napoli con valori relativi ai centri storici in volata: +151% e +119%, quasi triplicati a Milano e più che raddoppiati a Napoli. Meglio, ma non trascurabili, i rialzi in periferia: +87% e +60%. Roma ha riclassato a macchia di leopardo e molte zone centrali e semi-centrali sono lontane dai valori di mercato: i valori salirebbero in centro del 52% e in periferia del 18%. A Genova meglio: +28% e +12%. A Bari: +33% e +24%. Ovunque è evidente la distanza tra i valori vecchi di trent’anni e quelli di mercato, ancora di più tra zone di maggior pregio e quelle più lontane dai centri: prova di un’innegabile sperequazione.

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Imu seconde case con valori attuali e con valori di mercato 

 

Il potenziale effetto fiscale

Aggiornare i valori catastali non è mai un’operazione neutra su tributi, tasse e imposte. A meno che, come fa il governo attuale, non si voglia congelare l’impatto fiscale per qualche tempo. Se così non fosse, l’Imu salirebbe in linea con gli aumenti di valore degli immobili. Parliamo di Imu sulle seconde case, perché sulle prime non si paga più dal 2016. Nei centri storici si va dal +33% di Bari al +151% di Milano: sotto la Madonnina si passerebbe da 4.200 a 10.500 euro l’anno. A Roma da 7.100 a 10.800, un balzo del 52%. A Bologna del 56%, a Bari del 33%. E a Napoli, sempre in testa con Milano, di quasi il 120%. In periferia – con l’eccezione di Milano: +87% – aumenti inferiori: dall’1% di Bologna, un ritocco, al 60% di Napoli passando per il 18% di Roma. Anche qui differenze importanti centro-periferia.

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Come calmierare il salasso

Manovrando le aliquote si potrebbe riformare il catasto senza alzare l’Imu. Ma dovrebbero scendere di molto, togliendo gettito ai Comuni che oggi incassano 10 miliardi dalle seconde case e andrebbero compensati. Se in centro a Genova e Bari bastano due punti in meno, a Roma 4, a Milano ben 7, a Napoli quasi 6. In periferia solo un ritocco a Bologna (0,15 in meno), un punto a Genova e Bari, 4 a Napoli e Milano, meno di 2 a Roma.

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Simulazione aliquote per avere invarianza di gettito 

 

Isee più alto

A rischio molti servizi agevolati, visto che nel calcolo dell’Isee pesano sia la prima che la seconda casa. A parte la periferia di Bologna, dove la situazione rimarrebbe quella di oggi, ovunque l’indicatore salirebbe dal 180% di Napoli centro al 127% di Milano periferia. «Il percorso preso con la legge delega di rivedere i valori immobiliari e far emergere gli immobili fantasma è positivo», dice Ivana Veronese, segretaria confederale Uil. «Resta però il problema di non utilizzare subito i nuovi dati che potrebbero portare, invece, ad una maggiore equità nella tassazione immobiliare».

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