Ambiente:Quante morti ci vogliono affinché un disastro naturale sia degno di nota?

Quanti morti servono?

In questi giorni siamo subissati di un flusso incessante di immagini di devastazione e di disastri dovuti ad eventi climatici estremi. Eppure, nonostante chi scrive sia uno di quelli che segue con molta attenzione questo tipo di fenomeni, ho spesso osservato o, almeno percepito, come alcune cose passino con più enfasi o frequenza di altre e come, queste altre ivece, a volte vengano completamente oscurate, sminuite, silenziate. Basti pensare alla copertura mediatica riferita all’uragano Ian in Florida (45 vittime) e alle recenti piogge monsoniche in Pakistan (oltre mille) o ancor peggio alla carestia del Corno d’Africa per il 5° anno di siccità consecutivo (parliamo di una carestia che sta mietendo vittime da mesi e che affligge circa 15 milioni di persone). 

Ecco, mi sono posto una domanda: Quante morti ci vogliono perché un disastro naturale sia degno di nota? Ed ho scoperto che questa è la stessa domanda che si sono posti i ricercatori Thomas Eisensee e David Strömberg in uno studio del 2007 (1). I due autori hanno scoperto che per ogni persona uccisa da un vulcano, quasi 40.000 persone devono morire per mancanza di cibo per ottenere la stessa probabilità di copertura nei notiziari televisivi statunitensi.

Quindi è il tipo di disastro che conta. In altre parole, il tipo di disastro è importante per far si che le reti televisive ne parlino. Le visualizzazioni mostrano l’entità di questo “effetto notizia”. Il grafico in fondo mostra la proporzione di ogni tipo di disastro che riceve copertura giornalistica e il secondo mostra il “rapporto vittime”, che ci dice, a parità di condizioni, quante vittime renderebbero la copertura mediatica ugualmente probabile per ogni tipo di disastro.

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Lo studio si proponeva principalmente di esaminare l’influenza dei mass media in risposta alle catastrofi naturali degli Stati Uniti e ha preso in considerazione oltre 5.000 disastri naturali e 700.000 notizie dalle principali reti di trasmissione nazionali statunitensi (ABC, CBS, NBC e CNN) tra il 1968 e il 2002. I risultati ci dicono, tra le altre cose, che le reti tendono ad essere selettive nella loro copertura e l’attenzione non riflette la gravità e il numero di persone uccise o colpite da un disastro naturale.

308805959 601785328007265 402163170969149179 nInvece di considerare i danni oggettivi causati dai disastri naturali, le reti tendono a cercare disastri “pieni di dramma”, come afferma un articolo del New York Times: uragani, tornado, incendi boschivi, terremoti sono tutti titoli e immagini accattivanti . Grazie a questa selettività, i disastri naturali meno “spettacolari” ma spesso più mortali tendono a essere ignorati. La carenza di cibo, ad esempio, provoca il maggior numero di vittime e colpisce il maggior numero di persone per incidente, ma la loro insorgenza è più graduale di quella di un’esplosione vulcanica o di un terremoto improvviso.

Di conseguenza, la carenza di cibo viene coperta solo un 3% delle volte di fronte ad un 30% molto più indulgente, di terremoti ed eventi vulcanici sotto i riflettori. Inoltre, controllando fattori come le tendenze annuali del numero di persone uccise e colpite, la differenza nella copertura è ancora più pronunciata. Questo pregiudizio per lo spettacolare non è solo ingiusto e fuorviante, ma ha anche il potenziale per distorcere attenzione e aiuto. I disastri che si verificano in un istante lasciano poco tempo per un intervento preventivo. D’altra parte, i disastri graduali che tendono a colpire più vite si accumulano lentamente, lasciando più tempo per l’adozione di misure preventive.

E anche il luogo del disastro è importante. Ci sono anche altri pregiudizi. Eisensee e Strömberg hanno scoperto che, sebbene le reti televisive coprano oltre il 15% dei disastri in Europa e nell’America centromeridionale, mostrano meno del 5% dei disastri in Africa e nel Pacifico. I disastri in Africa tendono a ricevere meno copertura rispetto a quelli in Asia perché sono meno “spettacolari”, con più siccità e carenza di cibo che si verificano lì rispetto all’Asia. Tuttavia, dopo aver controllato il tipo di disastro, insieme ad altri fattori come il numero di morti e la tempistica della notizia, non c’è alcuna differenza significativa tra la copertura dei disastri africani e asiatici. Invece, emerge un’enorme differenza tra la copertura di Africa, Asia e Pacifico da un lato, e Europa e Sud e Centro America, dall’altro.

Secondo le stime dei ricercatori, si dovrebbero morire in un disastro africano 45 volte di più per ottenere la stessa attenzione dei media di un disastro europeo. Le due visualizzazioni mostrano l’entità di questa distorsione. Lo slogan di ABC News è “Guarda il quadro completo” e quello della CNN è “Vai lì”, ma le buone domande di follow-up potrebbero essere: cosa esattamente e dove? Ora provo a usare una metafora. Basterebbe ricordate la Raggi, la sindaca di Roma, e ricordare tutto quello che si scriveva per definire lo schifo, il degrado e la dignità della città eterna. Ecco, io la vedo tutto i giorni quella città e non mi pare di aver notato differenze, anzi. Eppure non si parla più di Roma. Forse è la mia percezione.
Però trovo una similitudine con l’uragano. Ci sono cose di cui non si parla affatto, altre invece, vengono sovrastimate, esacerbate, sottolineate.

Guardate la foto allegata che riguarda il supertifone Noru nelle Filippine adesso e provate a cercare il libro di James Nachtway che si chiama “Inferno”. Se non lo trovate, o non vi va di cercare o di comperarlo provate a cercare sulle “immagini” di Google queste tre parole “james nachtwey famine”. Evito di allegarle perché mi è bastato sentire lui, dal vivo mentre lo raccontava, mi è bastato vedere i suoi occhi per trovare e provare l’orrore che c’era dietro.  Ma di questo non si trova traccia alcuna. 

Nota:  [1] Eisensee, T., & Strömberg, D. (2007). News droughts, news floods, and US disaster relief. The Quarterly Journal of Economics, 122(2), 693-728. 

Ambiente:Quante morti ci vogliono affinché un disastro naturale sia degno di nota?

Sorgente: https://ourworldindata.org/natural-disasters

Foto di Elisa Lopez/Reuters

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