Allarme siccità: la Valle del Po è senz’acqua. In alcune zone non piove da 110 giorni

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La valle del Po è disidratata e la situazione peggiora di ora in ora. «In alcuni territori non piove da 110 giorni» e in decine di comuni di Piemonte e Lombardia «sono già in azione le autobotti per l’approvvigionamento d’acqua, perché i serbatoi locali afferiscono a sorgenti che non ci sono più». È il bollettino riferito all’ANSA da Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità distrettuale del Fiume Po. Già negli scorsi giorni l’Osservatorio sulla siccità aveva spiegato che la situazione in queste zone stava diventando preoccupante. La gravità della situazione ha spinto alcune aziende aderenti a Utilitalia, l’associazione che riunisce i gestori degli acquedotti, a chiedere l’interruzione dell’erogazione d’acqua potabile nelle ore notturne in 125 comuni della valle del Po, 100 in Piemonte e 25 in provincia di Bergamo.

Tutta questa zona sta vivendo la peggiore secca del Po degli ultimi 70 anni, come l’ha definita l’autorità che controlla la portata del fiume. Oltre alla pioggia, il problema riguarda anche la neve sulle Alpi lombarde e piemontesi che si è totalmente esaurita. I ghiacciai e le sorgenti in alta quota, che sono riusciti a tamponare il disagio nel mese di maggio, rischiano di non poter fare altrettanto per i prossimi. La richiesta d’acqua per usi agricoli e industriali è destinata ad aumentare e le riserve disponibili a essere insufficienti.

 

Anche l’acqua dei laghi è ai minimi storici

L’Autorità di bacino del Po fa poi notate che i livelli di tutti i laghi, a eccezione del Garda, sono ben al di sotto della media stagionale. Il lago Maggiore sarebbe prossimo al minimo storico del 1946. Il livello del Po è quasi 3 metri sotto la media abituale. A Pontelagoscuro, nel ferrarese, la portata è 301 metri cubi al secondo a fronte del minimo storico di 320. L’Adige ha una portata inferiore del 60 per cento rispetto a quella stagionale. Uno spiraglio di speranza s’intravede nei laghi alpini che, secondo l’Autorità di bacino del Piave, sarebbero pieni all’80 per cento, consentendo di guardare con cauto ottimismo ai mesi estivi.

Ma si tratta di un palliativo che non ha potuto rallentare le operazioni di razionamento idrico da parte di enti e aziende. Nelle province di Rovigo e Ferrara sono stati attivati impianti per “pescare” l’acqua da falde più profonde. A pagare le conseguenze della situazione è in primis l’agricoltura. Stando alla Cia (Confederazione italiana agricoltori), la Pianura Padana sarà interessata da una riduzione del 30-40 per cento della produzione ortofrutticola, con punte drammatiche per i cereali, fino al 50 per cento per mais e soia. Confagricoltura del Piemonte ha chiesto che venga attivato lo stato di calamità naturale.

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