A ognuno la sua: fenomenologia del pasto più anarchico della giornata
Viaggiando per il mondo mi è capitato di fare le colazioni più disparate. Forse la più sorprendente fu quella che mi arrivò direttamente in camera, alle ore 8, in un hotel in Sri Lanka: curry di pesce accompagnato da finissimi spaghetti, conditi con salsa piccante a base di cocco. Seconde classificate le chilaquiles, che ordinai scegliendo a caso dal menu al mio primo risveglio a Cancún: tortillas di mais fritte e spezzettate, ammorbidite da un abbondante quantitativo di salsa rossa, sovrastate da formaggio, coriandolo, avocado e panna acida. In Rajasthan vanno forte le lenticchie (speziatissime, ça va sans dire) e, senza andare troppo lontano, a Edimburgo – ordinando una full scottish breakfast – ci si ritrova nel piatto anche l’haggis (un insaccato di interiora di pecora). Potrei andare avanti elencandone molte altre, esperite o di cui mi è stato raccontato, ma penso si sia capito dove voglia andare a parare: quasi ovunque, sul pianeta Terra, la prima colazione non si discosta più di tanto dagli altri pasti della giornata. Da noi, invece, sì.
Merendine, biscotti, succhi di frutta, latte, spremuta, yogurt,
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