Cure Domiciliari: parlamentari chiedono conto al Ministro

Interrogazione parlamentare al Senato della Repubblica nei confronti del Ministero della Salute
Per quali ragioni il Ministro della Salute non ha preso in considerazione, in primo luogo nella seconda ondata pandemica (da ottobre 2020), le evidenze cliniche inviate all’attenzione del dicastero da parte di numerosi medici a partire dall’inizio della pandemia che, sulla base di un utilizzo combinato di farmaci del prontuario appositamente selezionati in relazione al singolo caso sottoposto al proprio esame, stavano dimostrando come la precocità della cura, sin dai primissimi stadi dell’infezione, fosse un elemento indispensabile ed imprescindibile ai fini della guarigione completa del paziente?
Per quali ragioni non ha ritenuto né urgente né opportuno procedere alla pronta verifica di queste evidenze cliniche, promuovendo ricerche in tale direzione, le quali avrebbero potuto permettere una cura più rapida dell’infezione da Sars-CoV-2 e, conseguentemente, un decorso migliore?
Perché il Ministero non ha ritenuto conveniente convocare, appena informato, i medici che stavano curando precocemente l’infezione con i farmaci del prontuario, di fatto disattendendo le indicazioni di cui ai protocolli ministeriali vigenti, onde appurare l’efficacia di un simile approccio terapeutico, basato su cure farmacologiche low cost e sul pronto intervento attivo?
Perché ha disatteso l’impegno a rendere i medici esperti di cure domiciliari del COVID-19, e impegnati sul campo, partecipi di un tavolo tecnico finalizzato alla revisione dei protocolli ministeriali come indicato nella mozione approvata dal Senato l’8 aprile 2021, che impegnava il Governo in tal senso, posto che tra i firmatari del protocollo emanato in data successiva alla mozione non c’è neanche uno dei suddetti medici?
Sono le domande poste tramite la pubblicazione di un atto di sindacato ispettivo, da sei parlamentari (Granato, Crucioli, Angrisani, Paragone, Lannutti, Giannuzzi) il 19 ottobre. Partendo dalle inchieste giornalistiche pubblicate in questi mesi, in particolare quelle della trasmissione tv “Fuori dal Coro”, nel documento si afferma che “il Ministero della salute sia stato adeguatamente informato sull’esistenza di evidenze cliniche che dimostravano come ottenere, attraverso un uso combinato di farmaci del prontuario, una pronta guarigione dall’infezione”, citando diversi medici dedicatisi alle cure domiciliari, tra cui il professor Luigi Cavanna, il professo Alessandro Capucci, la primaria dell’ospedale di Pisa professoressa Roberta Ricciardi, il farmacologo Piero Sestili, la primaria Paola Varese, il cardiologo Paolo Salvucci.
L’interpellanza chiede come mai “il protocollo ministeriale emanato in data successiva a questi appelli (novembre 2020) indicava ancora ai medici di base di non somministrare alcun farmaco ai malati di COVID-19, anche se sintomatici, nell’arco delle prime 72 ore dall’insorgenza dei sintomi, tranne il paracetamolo, e anche il successivo protocollo (attualmente in vigore ed emanato ad aprile 2021) associava al paracetamolo soltanto i “fans” (antinfiammatori comuni) nelle prime 72 ore dai sintomi”, mentre “il mix di farmaci somministrati precocemente agiva sulla sintomatologia e, dunque, preveniva o depotenziava i possibili effetti letali del virus, in linea con quanto fatto da sempre, fino al mese di febbraio 2020, dai medici di base in caso di influenza ed in linea con i principi cardine dell’infettivologia”.
Non potendo quindi “il Ministero e le altre autorità sanitarie pubbliche non essere a conoscenza dell’esistenza e dell’efficacia di tali approcci terapeutici, facilmente applicabili e in grado di ridurre velocemente e drasticamente la letalità del virus”, ci si chiede come mai non sia stato affrontato a dovere e tempestivamente l’argomento.
 “Fin dalla primavera 2020, difatti, erano stati inviati a Ministero, AIFA e CTS diversi appelli e segnalazioni da parte di diversi gruppi di medici che, iniziando a curare precocemente i malati di COVID-19, andavano scambiandosi man mano esperienze cliniche e si costituivano in associazioni. Ognuno di questi gruppi, autonomamente, era arrivato alle medesime conclusioni rispetto all’approccio terapeutico corretto in grado di contrastare l’infezione, basato sulla consapevolezza dell’assoluta necessità di un intervento farmacologico tempestivo e di un monitoraggio costante delle condizioni del paziente, sia attraverso visite a domicilio sia attraverso la telemedicina, onde contrastare un aggravamento irreversibile delle condizioni di salute”
Inoltre, “i primi studi scientifici pubblicati, tra cui uno dell’istituto Mario Negri, indicavano intanto una letalità del COVID-19 sui malati trattati precocemente dell’1 per cento contro un’attesa letalità del 3,5 per cento secondo la media registrata dall’ISS. Nonostante tutte queste evidenze, le autorità sanitarie hanno persistito nello sconsigliare ai medici di base l’utilizzo di farmaci in fase precoce per il trattamento dell’infezione”.
In particolare inoltre, “la motivazione addotta nelle stesse linee guida del Ministero, dove venivano sconsigliati determinati farmaci, veniva ricondotta all’assenza di studi scientifici in grado di comprovarne l’efficacia per il COVID-19, ma si fa notare che questi studi scientifici di verifica verso ciò che stava emergendo a livello clinico non sono mai stati promossi dalle stesse autorità che li invocavano, le quali non hanno avviato mai né sperimentazioni né trial clinici sul trattamento precoce che si stava rivelando efficace sul campo. Certamente, in un periodo d’emergenza come è stato quello della seconda ondata, i trial clinici non potevano essere messi a punto dai medici di base che erano impegnati sul campo a salvare la vita ai pazienti”.
Preso atto delle evidenze cliniche rappresentate dalle due associazioni maggiormente conosciute per le cure domiciliari, ovvero il “Comitato Cura Domiciliare Covid-19” e “Ippocrateorg”, e “considerato che la somministrazione di tali farmaci per la cura del COVID-19 sotto appropriato controllo medico non ha mai causato effetti collaterali gravi, essendo questi farmaci di uso comune, già noti e diffusi in tutto il mondo per la cura domiciliare di comuni patologie”, i parlamentari chiedono come mai non sia stato preso in considerazione questo approccio
LEGGI IL DOCUMENTO ORIGINALE
LEGGI LA PRIMA AGENZIA ANSA SU CURE DOMICILIARI PUBBLICATA IL 20 MAGGIO 2020
di Valentina Rigano
Fonte: coraggiosamente

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