La suocera di Soumahoro: «Colpa dello Stato se non paghiamo». E punta il dito contro Salvini
È vero che i dipendenti non sono stati pagati, che i minorenni in carico alla cooperativa si sono ritrovati senza acqua e corrente e che, come ritengono i pm, c’era qualcosa che non andava nel contratto di quel lavoratore invitato, secondo gli atti dell’inchiesta, a fatturare per metà dell’importo. Di fatto Marie Terese Mukamitsindo e […]
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È vero che i dipendenti non sono stati pagati, che i minorenni in carico alla cooperativa si sono ritrovati senza acqua e corrente e che, come ritengono i pm, c’era qualcosa che non andava nel contratto di quel lavoratore invitato, secondo gli atti dell’inchiesta, a fatturare per metà dell’importo. Di fatto Marie Terese Mukamitsindo e a Liliane Murekatete, suocera e compagna del deputato di Verdi e Sinistra italiana Aboubakar Soumahoro, confermano diverse circostanze al centro dell’inchiesta della Procura di Latina sulla gestione delle coop per migranti in cui erano coinvolte, la suocera in particolare come presidente della Karibu. Ma guai a pensare a illeciti. Che volete, sono stati errori, leggerezze, atti di eccesso di bontà. E tutto il clamore suscitato dalla vicenda, va da sé, è solo dovuto al fatto che «vogliono affossare Aboubakar».
La suocera di Soumahoro: «Colpa dello Stato se non paghiamo»
In un’intervista doppia a Repubblica, che rappresenta la loro prima uscita pubblica dall’esplosione del caso, le due donne rifiutano l’accusa di aver sfruttato i migranti. «Tutto è stato speso per i rifugiati, cui ho dedicato 21 dei miei 68 anni. Tutto è rendicontato e posso provarlo», ha detto la presidente della Karibu, la coop nata nel 2001 nell’Agro pontino e arrivata a percepire dallo Stato, ricorda Repubblica, fino a 10 milioni l’anno per diversi progetti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e Cas (centri di accoglienza straordinaria). La prima domanda di Fabio Tonacci, che firma l’intervista è cosa ci sia di vero sui 400mila euro di stipendi arretrati ai lavoratori che risultano all’Ispettorato del lavoro. «Non abbiamo soldi da dargli – ha risposto Mukamitsindo – perché lo Stato non ci paga in tempo!».
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