Guida razionale all’apocalisse inevitabile
ⓢ Il modo nuovo di pensare che sembrate suggerire nel libro è una sorta di decrescita infelice. È questa la conclusione alla quale sei arrivato?
Sono trent’anni che penso a queste cose. Per ventisei ho fatto il professore universitario. Sono andato in pensione e mi sono trasferito da una città, Austin, in Texas, alla campagna, in una casa molto vecchia che ha spesso bisogno di manutenzione. Da quando vivo qui ho avuto per tre volte dei problemi con le tubature dell’acqua che mi hanno costretto a scavare delle buche. Erano buche grosse, ogni volta mi ci sono volute tra le cinque e le sette ore di lavoro. L’ho trovato un lavoro difficile e appagante. Ed è vero, è così. Ma è anche vero che se scavassi buche tutti i giorni, per otto o dieci ore al giorno, farlo non mi sembrerebbe così romantico. In quello che Wes ha definito «il mondo in spegnimento», tutti dovremo scavare buche, molte e spesso, per provare a mantenere in funzione le strutture industriali finché sarà possibile. Se questo è davvero quello che succederà, la cosa più importante alla quale dovremmo pensare, e alla quale non stiamo pensando, è come dividerci il lavoro. Perché un mondo in cui si consuma meno energia è un mondo in cui gli esseri umani fanno più lavoro fisico. E il lavoro è pesante ed è reso meno pesante solo dalla condivisione.
ⓢ Quindi è questa la tua versione dell’apocalisse?
Quello che ti ho descritto è il mondo che vorrei vedere. In un certo senso, il mondo che vorrei vedere è uno in cui la mia vita precedente, la mia vita agiata da professore universitario, sarebbe impossibile. Penso davvero questo sia il
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