
La morte e la memoria. La riflessione di Malgieri
La morte è stata esorcizzata. Rimossa. Allontanata dai nostri pensieri. Si celebra Halloween, “dolcetto o scherzetto”, un’invenzione del grande consumismo globale. Non ha radici. Neppure pagane, come si è soliti dire. È un’offesa di cattivo gusto al mistero della fine terrena. E così ci mettiamo l’anima in pace, o almeno il corpo, il cervello, i […]
La morte è stata esorcizzata. Rimossa. Allontanata dai nostri pensieri. Si celebra Halloween, “dolcetto o scherzetto”, un’invenzione del grande consumismo globale. Non ha radici. Neppure pagane, come si è soliti dire. È un’offesa di cattivo gusto al mistero della fine terrena. E così ci mettiamo l’anima in pace, o almeno il corpo, il cervello, i sensi, i sentimenti. E tutti dimenticano che nel giorno dei morti si celebra la memoria, il ricordo, il passato. E tutto lo si fa rivivere con la delicatezza dell’affetto per chi ne ha.
“Questa terra non è già la nostra patria, ella per noi è luogo di passaggio, per dove dobbiamo passare tra breve alla casa dell’eternità. ‘Non habemus hic manentem civitatem, sed futura inquirimus’ (Non abbiamo quaggiù una dimora stabile, ma andiamo in cerca di quella futura), scriveva Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, in Apparecchio alla morte. E la caducità della vita si manifesta nella paura dell’abbandono delle cose materiali, mentre dovremmo preoccuparci di preservare la memoria e tramandarla.
È il solo tesoro, piccolo o grande, che possediamo: dovremmo farne buon uso. Invece, la stracciamo, la disleghiamo, la neghiamo perché ingombrante, come se avessimo una villa sontuosa che mai dovremmo abbandonare, mentre il nostro abituro eterno, fino al Giudizio, è una fossa nella quale, a parte le povere membra, non ci portiamo altro, mentre dovremmo e potremmo affidare ai superstiti, agli eredi, la nostra sola ricchezza, la memoria appunto scrigno di identità e di perpetuazione delle storie che hanno formato la nostra carne ed il nostro spirito. Il due novembre chi ci pensa pensa più a parte coloro, sempre di meno, che si recano sulle tombe nei cimiteri per lasciare un fiore, una lacrima affettuosa?
Il nostro, inutile negarlo, è il tempo dell’oblio. Esso
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