Aveva 17 anni, ne avrebbe compiuti 18 ad ottobre. Non si sa mai da dove partire nel raccontare un suicidio, soprattutto quando a scegliere di non esistere più è un ragazzo la cui esistenza nuota nella normalità.
Quella apparente, almeno. Quella fatta di genitori affettuosi e presenti, di un fratellino amatissimo, e poi il liceo scientifico, gli amici, l’amore per il basso. Certo, M. aveva affrontato qualche cambiamento, negli ultimi tempi: un anno e mezzo fa, dal Varesotto, si era trasferito con la sua famiglia ad Ancona, in una bella casa di campagna. Aveva cambiato scuola e amici, ma non pareva averne risentito troppo.
Prova molta rabbia, la signora Anna: “Io avevo un rapporto speciale con M., il 17 mi ha telefonato, mi ha detto: ‘Nonna, non uscire con questo virus mi raccomando. Devi essere forte’. Non avevo capito che mi stava salutando. Aveva progettato tutto, due sere dopo alle due e mezza di notte si è tolto la vita in quel modo. Io per lui ero ‘nonna Nanna’. Ora provo solo tanta rabbia, siamo divorati dai sensi di colpa. Mio nipote è sotto terra, io per tre giorni non ho avuto voce perché ho urlato così tanto che mi si sono consumate le corde vocali”.
Poi la signora Anna racconta il suo rifiuto iniziale di capire cosa fosse accaduto: “Il 20 mi ha telefonato mio figlio: ‘M. è ricoverato all’ospedale di Ancona per blocco respiratorio’, mi ha detto. Ho pensato che il Coronavirus non potesse essere, era a casa da tre mesi. In un’ora ho preso la macchina, io vivo in Puglia, e sono partita per le Marche. Continuavo a chiamare il pronto soccorso di Ancona, chiedevo di mio nipote, ma mi dicevano che non era lì. Dopo 40 minuti la signorina, con una voce strana, mi ha detto: ‘Qui non è passato suo nipote’. Io non capivo. Ho risposto: ‘Ma io sto passando di regione in regione col lockdown, se mi fermano i carabinieri cosa dico?’. Allora lei mi ha risposto: ‘Dica di chiamare il pronto soccorso di Torrette e noi diremo che è qui ma non lo troviamo’. Niente. Io non ho capito, la mia mente non voleva capire. Quando sono arrivata, mio figlio mi è venuto incontro sul viale perché in casa c’era il bimbo piccolo e mi ha detto: ‘M. non c’è più’. E io anche lì non realizzavo. Pensavo fosse scappato di casa. Mio figlio mi ha dovuto dire ‘È morto’. Le perifrasi non le capivo. La mia mente non voleva accettare quella verità. Aveva lasciato un biglietto con scritto qualcosa come ‘Non servo a niente’”.
Infine, Anna ci tiene a sottolineare che suo nipote era un ragazzo normale, che non c’erano problemi pregressi di una qualche rilevanza: “L’anno scorso una volta non era andato a scuola, ma nulla di che. Poteva avere una vita meravigliosa, era solo timido, aveva un mondo di emozioni che forse non sapeva ancora controllare, sarebbe maturato, ma non era un marziano. Quando sono stata a casa sua, dopo la tragedia, mi sono messa nel suo letto, ho sentito le sue lenzuola, ho guardato quella trave per scorgere un segno, ma non c’era, era tutto così normale. Erano normali i suoi diari, c’erano tanti disegni, lui disegnava benissimo ed era bellissimo, anche con quei capelli lunghi che aveva tagliato da un po’. I professori, i compagni erano tutti al suo funerale, una ragazza che gli era molto amica ha scritto una lettera, l’ha letta sull’altare. Il prete ha suonato le campane a festa, ha detto: ‘Aveva 17 anni, io di suonare le campane a morto non me la sento’. Ora io non ho neanche più voglia di vivere, vedo il mare, questo mare meraviglioso, azzurrissimo, qui in Puglia in questi giorni e penso che lui non lo potrà più vedere. Per qualche brutto voto, dato attraverso un computer. Che senso ha?”.
Fonte: https://www.tpi.it/cronaca/ancona-suicidio-17-anni-per-brutto-voto-scuola-a-distanza-20200604614501/