Una persona speciale
Questo articolo è pubblicato sul numero 48 di Vanity Fair in edicola fino al 29 novembre 2022
La giornata è piovosa, grigia, una di quelle mattine di Milano che non mettono proprio di buonumore. Fuori dal Cinema Anteo c’è una lunga fila di persone con gli ombrelli. Molti sono giovanissimi. È sabato, 24 novembre 2018. Qualche settimana prima mi hanno nominato nuovo direttore di Vanity Fair. Entro anch’io in sala e mi siedo in ultima fila. Le luci si spengono e sul palcoscenico arriva Mika: nel silenzio generale, l’artista si racconta come non gli ho mai sentito fare. Vederlo così, dal vivo, in una versione più intima e vicina della classica intervista su una pagina scritta o sullo schermo della televisione, mi fa capire (ancora di più) come un giornale oggi possa, anzi, debba diventare esperienza, sorpresa, emozione e progresso. Una nuova era dell’informazione e dell’intrattenimento. Un’era che non si era mai vista prima. Sono passati quattro anni da quel momento, dal primo Vanity Fair Stories, il festival di Vanity Fair che riunisce dal vivo i più grandi artisti italiani. E
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