Un reportage da Ancona, porto aperto

Mentre il governo gioca a Risiko con i porti, la cittadina marchigiana apre la porte, li accoglie e ci regala una lezione di solidarietà
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Dicono che gli sbarchi dei migranti siano tutti uguali. Donne, uomini e bambini che scendono a passo lento dalle navi, le coperte della Croce Rossa sulle spalle, lo sguardo disorientato, gli operatori delle ong e la guardia costiera ad accompagnarli a terra, i medici e i paramedici ad assicurarsi che vada tutto bene.

E poi le procedure burocratiche, le lunghe attese, una persona per volta, moduli da riempire per certificare il proprio arrivo sul suolo italiano, lo smistamento verso i centri d’accoglienza e gli alberghi. Intorno può esserci chiunque: attivisti, solidali, semplici passanti. Quasi mai contestatori. Quasi sempre i giornalisti.

Ad Ancona piove e fa freddo, l’umidità rende la mattinata grigia, un gommone della capitaneria di porto si aggira intorno alle Geo Barents, arrivata allo scalo numero 22 dello scalo dorico intorno alle 7 e 30 del mattino di giovedì 12 gennaio. A bordo i salvati sono settantatré. A terra operatori, cronisti e un pugno di militanti a sostenere uno striscione con scritto «Welcome».

La nave ha dovuto percorrere oltre 1.500 chilometri per arrivare sin qui, sulla costa est, in mezzo all’Adriatico. Il


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