Tecnologia: Il Computer Quantistico & Qubit
I computer quantistici sono stati sviluppati negli anni ’80. I ricercatori di allora studiarono la possibilità di creare un elaboratore che usasse le leggi della meccanica e della fisica quantistica, per superare i limiti dei cosiddetti “supercomputer”. Ciò avrebbe permesso nuovi e interessanti orizzonti nell’Intelligenza Artificiale. Ad oggi, sono già stati creati sistemi avanzati, basati su pochi qubit (bit quantistici) anche se, la vera sfida, è realizzare computer quantistici basati su migliaia di qubit entro pochi anni. Questa condizione consentirebbe un vero e proprio “salto quantico” nella qualità dei calcoli che un computer riesce ad eseguire.
Tecnologia: Il Computer Quantistico & QubitIn sostanza, si tratta di sistemi contenenti infiniti qubit (e non i bit utilizzati dai computer che conosciamo), capaci di effettuare centinaia di migliaia di calcoli al secondo. Gli studi tuttora in corso, stimano che ci vorranno almeno dieci anni per raggiungere una maturità tecnologica tale da poter realizzare una macchina di questo genere. Al momento, la competizione in campo tecnologico riguarda principalmente i giganti dell’IT mondiale: Google, IBM, Intel e Microsoft; tuttavia, ci sono anche alcuni centri specializzati come quello di Harvard e quello del MIT (Massachusetts Institute of Technology), che si trovano a dover affrontare gli ostacoli posti da alcuni studi russi e cinesi. Di recente, anche l’Unione Europea ha finalmente deciso di investire nella ricerca, destinando un miliardo di euro per i prossimi dieci anni.
Tutti i computer che utilizziamo sono basati sulla logica binaria. Ogni unità (il bit) ha due possibili scelte (0 e 1) e tutte le informazioni fornite (più o meno complesse) vengono elaborate con una stringa di valori composta da molti 0 e 1. Questo non è il caso di un computer quantistico, che mira a sfruttare le diverse proprietà della fisica e della meccanica quantistica, consentendo al sistema di ragionare in modo profondamente diverso dai computer precedenti e, quindi, non lineare.
Il bit è stato sostituito con il qubit, che è in grado di analizzare qualsiasi query o problema contemporaneamente, anziché binario. I computer quantistici, quindi, non funzionano in parallelo e la loro velocità non dipende da una mera questione di potenza, ma è semplicemente legata a un modo totalmente nuovo di elaborare le informazioni. Se i computer attuali seguono le regole della fisica classica, questo non è il caso dei computer quantistici, che grazie alla fisica quantistica sarebbero in grado di elaborare informazioni che con i sistemi attuali richiederebbero migliaia di anni.
Questa non è una tecnologia che darà vantaggi in ogni campo, motivo per cui i computer tradizionali non saranno messi da parte. Tuttavia, questo nuovo approccio comporta enormi possibilità di applicazione e, già oggi, ci sono settori in cui il salto sembra molto interessante. Tra questi ci sono chimica, fisica, farmacologia e crittografia. Per ora queste macchine sono ancora in una fase embrionale, soprattutto dal punto di vista hardware. Nonostante gli investimenti fatti in questi anni da molte aziende attive nel settore informatico, la sperimentazione sta avanzando con difficoltà. Il motivo principale risiede nella mancanza di standard e, soprattutto, nella scarsità di specialisti in grado di lavorare su queste tematiche, (poche centinaia nel mondo).
Per capire come la scienza abbia portato allo sviluppo dei computer quantistici è necessario coinvolgere la Legge di Moore e la miniaturizzazione dei circuiti: dagli anni ’60 c’è stato un graduale miglioramento della potenza di calcolo dei PC, un aumento strettamente legato al parallelo e costante miniaturizzazione dei circuiti elettronici derivata anche dalla famosa Legge di Moore. Secondo questa regola, la complessità dei microcircuiti, misurata attraverso il numero di transistor presenti in un chip (il processore) e la conseguente velocità di calcolo, raddoppia ogni 18 mesi.
Tuttavia, questa legge è oggi poco applicabile e il motivo principale risiede nel raggiungimento dei limiti imposti dalla meccanica, che rendono molto più difficile che in passato continuare sulla strada della miniaturizzazione. Un limite che, in un certo senso, ha aperto le porte a un cambiamento radicale di paradigma, basato sulla necessità di sfruttare le potenzialità della meccanica e della fisica quantistica, al fine di ottenere maggiore potenza e fluidità di calcolo. I bit sono stati sostituiti da qubit, non codificati utilizzando i simboli 1 e 0, ma relativi allo stato quantistico in cui si trovano le particelle o gli atomi utilizzati.
Quest’ultimo può avere valore 1 e 0 contemporaneamente, tra l’altro in una varietà di combinazioni che producono milioni di diversi stati quantistici. Una condizione che assume significati vastissimi se pensata in relazione alla progressione matematica: 2 qubit possono avere 4 stati contemporaneamente, 4 qubit corrispondono a 16 stati, 16 qubit a 256 stati e così via fino a quantità che nessun dispositivo elettronico attuale è in grado di immaginare.
I computer quantistici, grazie ai sistemi di codifica di cui dispongono, sarebbero in grado di elaborare informazioni molto complesse, come quelle che riguardano l‘Intelligenza Artificiale. In altre parole, un computer quantistico, grazie alle sue capacità di calcolo parallelo, sarebbe in grado di trovare diverse soluzioni a un singolo problema, anziché doverle cercare sequenzialmente come avviene adesso con i computer tradizionali.
Gli scienziati che lavorano sui sistemi di elaborazione quantistica sono frenati dalla manipolazione controllata di atomi e particelle. Questa manipolazione è stata ottenuta finora solo in presenza di pochi qubit ma mai per elaborazioni più complesse, che richiedono centinaia o migliaia di qubit. La gestione degli atomi riguarda principalmente la loro comunicazione e connessione. Inoltre, è essenziale uno sviluppo parallelo di algoritmi dedicati.
Il funzionamento di questi sistemi avanzati si basa essenzialmente su due delle leggi che governano la meccanica quantistica: “il principio di sovrapposizione”, da cui ha origine la capacità delle particelle di trovarsi in più stati diversi contemporaneamente (dando anche al qubit la capacità di essere entrambi 1 e 0 contemporaneamente); “quantum entanglement”, che indica il legame tra due particelle e, in questo caso, due qubit; secondo questo principio è possibile identificare lo stato di una particella (e di un qubit) osservando quella a cui è legata. I computer quantistici funzionano in due modi principali: il primo è raffreddando i circuiti fino a quando non raggiungono lo zero assoluto (-273,15 gradi Celsius), noto anche come “zero assoluto”.
Il computer quantistico sfrutta ioni intrappolati per funzionare. Questi ioni sono atomi o molecole con una carica elettrica intrappolata in un campo elettromagnetico. Gli ioni vengono manipolati in modo che il dislocamento degli elettroni cambi lo stato degli ioni, trasformandoli in qubit. Un computer quantistico è in grado di sfruttare i qubit per processare calcoli infinitamente complessi, a una velocità che attualmente risulta inimmaginabile (rispetto alle macchine odierne, sarebbero capaci di impiegare secondi anziché anni, garantendo risultati nettamente più affidabili).
Come detto in precedenza, ci sono ancora diversi ostacoli da superare, incluso l’uso corretto delle particelle (particolarmente fragili e volatili, perché soggette a cambiamenti di stato repentini), la creazione di infrastrutture hardware adeguate (attualmente per il raffreddamento di questi particolari sistemi viene usato l’elio e le macchine devono essere conservate in ambienti senza vibrazioni) e lo sviluppo di algoritmi espressamente dedicati al quantum computing.
Murray Gell-Mann, insignito del Premio Nobel per la Fisica nel 1969, è stato il primo a pensare a un computer basato sull’uso di particelle elementari. Già nel 1982 il fisico statunitense aveva intravisto la possibilità di sfruttare alcune proprietà degli atomi per dar vita a un tipo innovativo di informatica. Richard Feynman raccolse le idee di Gell-Mann e introdusse il metodo di sovrapposizione degli stati delle particelle elementari. Tre anni dopo, nel 1985, David Deutsch ha mostrato l’assoluta validità di queste indicazioni e si è adoperato per metterle in pratica.
Nel 1998 è stato realizzato il primo prototipo di computer quantistico. A rendere realtà le intuizioni dei colleghi che lo hanno preceduto è stato il fisico Bruce Kane, che ha realizzato un processore basato su atomi di fosforo disposti su uno strato di silicio spesso solo 25 nanometri. Nel 2001, IBM ha creato uno dei primissimi computer quantistici a 7 qubit, mentre nel 2013 è stato presentato al pubblico il computer quantistico D-Wave. Nel 2016, dopo che IBM ha reso pubblicamente disponibile il primo computer quantistico in modalità cloud (Quantum Experience, dotato di un processore a 5 qubit), il governo cinese ha lanciato in orbita il satellite Micius, il primo della storia ad usare standard di comunicazioni quantistiche, avviando di fatto una competizione serrata tra Cina e Stati Uniti per lo sviluppo di questa nuova tecnologia.
Nel 2017 IBM ha aggiornato i suoi computer quantistici tramite cloud, dotati di processori da 16 e 20 qubit. Tuttavia, il record di IBM è durato solo pochi mesi, poiché nel marzo 2018 Google lo ha strappato all’azienda di computer americana con il suo nuovissimo Quantum AI Lab, dotato di un processore Bristlecone da 72 qubit. Sempre a marzo 2018, l’Istituto di Fisica e Tecnologia di Mosca ha lanciato una nuova affascinante sfida, presentando al mondo un articolo sullo sviluppo di una connessione Internet quantistica ad alta velocità, un’innovazione che aprirebbe scenari inimmaginabili.
I campi di interesse in cui i computer quantistici saranno presto utilizzati sono: la chimica, la biologia, la farmaceutica e la crittografia. Queste macchine saranno in grado di risolvere problemi estremamente complessi che oggi sono al di fuori della portata delle macchine tradizionali. I computer quantistici, infatti, sono in grado di simulare le regole della natura e di velocizzare esponenzialmente le operazioni richieste.
Uno dei campi in cui i computer quantistici saranno presto utilizzati è quello chimico-biologico. In questo caso, le simulazioni saranno utili per comprendere meglio le possibili interazioni tra le molecole da utilizzare nello sviluppo dei farmaci. In futuro, potremmo produrre in modo più efficiente e in base alle nostre esigenze prodotti come medicinali e fertilizzanti. E per ottenere quanto appena detto potrebbero bastare processori composti da 100/200 qubit. Oggi le macchine più avanzate e affidabili raggiungono i 70-75 qubit. Se si riuscisse a creare computer quantistici composti da migliaia di qubit, si potrebbero effettuare simulazioni e accedere a informazioni sempre più complesse, con ulteriori applicazioni in grado di coinvolgere un gran numero di settori diversi. L’altro campo interessato dalle sperimentazioni è la crittografia, ovvero la tecnologia che consente di cifrare i messaggi rendendoli incomprensibili a tutti coloro che non sono in possesso delle chiavi che permettono di renderli leggibili.
IBM e Google sono state tra le prime aziende a investire nel Quantum Computing e nello sviluppo di computer quantistici generici accessibili a tutti. Oggi sono disponibili e pronti per l’uso sistemi con 20 qubit e presto saranno disponibili macchine con processori con 50 o più qubit. I sistemi IBM Q con processori da 20 qubit, a partire da quest’anno, vedranno miglioramenti nella progettazione dei qubit stessi, oltre che nel packaging, nell’hardware e nella connettività.
I tempi di coerenza (ovvero il tempo necessario per eseguire i calcoli) sono attualmente di circa 90 microsecondi. Oltre che per l’elevata velocità di calcolo, questi sistemi di nuova generazione si differenziano anche per l’ottima affidabilità. Su quantità infinitamente maggiori di qubit si trovano i computer quantistici realizzati in collaborazione da NASA e Google, presso uno dei poli di sviluppo informatico più famosi al mondo: il Quantum Artificial Intelligence Lab in California. L’ultimo dispositivo si chiama D-Wave Two, un computer quantistico a 512 qubit che proviene direttamente dal D-Wave, nato nel 2011 con un processore da 128 qubit.
Il D-Wave Two è un computer quantistico che usa qubits (bit quantistici) come elementi di calcolo. Tutti i qubits sono dei circuiti superconduttori tenuti a temperature estremamente basse (-271 gradi Celsius) usando elio e alcuni dischi in rame. Questi dischi servono a schermare il sistema dalle interferenze elettromagnetiche e a dissipare il calore prodotto dal computer.I computer quantistici sono generalmente usati per risolvere problemi che sono troppo complessi o che richiederebbero troppo tempo per essere risolti da un computer tradizionale.
I qubits sono molto instabili e ogni cambiamento di temperatura o rumore può generare errori. Proprio per questo motivo, i processori quantistici non usano qubits singoli, ma spesso combinazioni di bit che riducono gli errori.Un altro fattore che limita la ricerca e la produzione di computer quantistici è il fatto che la maggior parte di questi computer non può conservare il proprio stato per più di 100 microsecondi. I sistemi prodotti da Google hanno mostrato un tasso di errore elevato, 1% di lettura, 0,1% per i qubit singoli e 0,6% per i gate a due qubit.
Ciascuno dei chip Bristlecone a basso errore prodotti da Google ha 72 qubit. Google sta lavorando anche per migliorare la sincronizzazione di tutta la tecnologia presente in un computer come questo (il software, l’elettronica di controllo e il processore stesso), non solo i qubit.
IonQ sta attualmente lavorando alla realizzazione di un computer quantistico che utilizza il metodo degli ioni intrappolati. Secondo Christopher Monroe, fisico e fondatore di IonQ, la scienza si sta attualmente concentrando su due modelli distinti, ovvero i circuiti superconduttori (il percorso intrapreso da IBM e Google) e gli ioni intrappolati (su cui sta lavorando il centro di ricerca di Harvard). F
Facendo confronti tra i due sistemi, Monroe è giunta alla conclusione che le prestazioni ottenute attraverso tali tecnologie sono molto simili. Ciò che fa la differenza, però, sarebbe la connessione tra i qubit: tutti gli ioni intrappolati sono collegati tra loro da forze elettromagnetiche; nei circuiti superconduttori, invece, sono collegati solo alcuni qubit, condizione che può rallentare il passaggio delle informazioni. Sempre secondo Monroe, l’umanità potrà salutare la comparsa di sistemi con migliaia di qubit in poco più di un decennio. Ovviamente, scienziati e ricercatori capiranno meglio le possibili applicazioni man mano che questi sistemi verranno migliorati.
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Copyright: Fabio Musicco – LaCittaNews.it
Copertina:Render generato attraverso un’algoritmo di intelligenza artificiale / prompt:@fenixcastagna
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