Serve una rivoluzione negli accordi digitali o ripeteremo l’errore del gas
Ho letto con una certa sorpresa che Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’Innovazione Tecnologica Alessio Butti riunirà presto un tavolo con le principali telco italiane con l’obiettivo di correggere alcuni errori commessi nei programmi di transizione digitale finanziati dal Pnrr. È probabilmente vero (se si esclude il potenziamento del Golden Power d’intesa con […]
Ho letto con una certa sorpresa che Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’Innovazione Tecnologica Alessio Butti riunirà presto un tavolo con le principali telco italiane con l’obiettivo di correggere alcuni errori commessi nei programmi di transizione digitale finanziati dal Pnrr.
È probabilmente vero (se si esclude il potenziamento del Golden Power d’intesa con il Copasir) che le implicazioni strategiche e geopolitiche del Pnrr digitale sono state sottovalutate dal governo Draghi.
Tuttavia proponendo un tavolo con le aziende italiane di telecomunicazioni, il Butti non sembra discostarsi dal modus operandi che egli ha imputato al Ministro Colao.
L’idea del tavolo è fuori della realtà per un semplice motivo: le telco italiane non esistono.
Non è italiana Tim (il maggiore azionista è francese), tanto meno è italiana Wind3 (al 100% cinese), non lo sono Fastweb (controllata dal gruppo svizzero Swisscom) né l’inglese Vodafone.
Durante il governo Conte 1, ma anche negli anni successivi, i bandi del 5G sono stati concepiti come un modo dello Stato per far cassa. Né il MEF né il MISE hanno compreso che 5G e 6G
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