Roma, Coronavirus e scuola. Tra i ragazzi col mal di vivere: “Martina ha ingoiato il vetro, Marco le pillole”

Durante la pandemia, tra i giovani si registra un tentativo di suicidio al giorno. Viaggio nel mondo dei dimenticati, tra chat autodistruttive e disperate richieste di aiuto.
Hanno tentato di togliersi la vita in tutti i modi. Hanno inferto al loro corpo segni evidenti in una spirale di autolesionismo che li annichilisce. Martina, Giorgia, Marco, sono ragazzi entrati in quel limbo difficile che è l’adolescenza. Rimbalzano da un letto d’ospedale alle cure di una sorta di pronto soccorso solidale. Perché in tempo di pandemia il loro disagio è cresciuto al ritmo di un tentativo di suicidio al giorno.

Tra i ragazzi che tentano il suicidio: “Capirli non è facile”

Martina, 14 anni, famiglia benestante, rendimento scolastico eccellente, ha alle spalle una storia di disturbi alimentari. Sintomo più che causa, raccontano gli specialisti del Ceis, Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi, sull’Appia, che l’hanno in carico. Un anno fa ha iniziato a manifestare i primi segni premonitori del vortice che l’ha inghiottita. Le chat con messaggi autodistruttivi, i propositi suicidi manifestati negli sfoghi con un coetaneo: “Facciamolo insieme, stabiliamo dove e come”, sono il secondo stadio.
Oltre i silenzi ci sono i segni. Quei tagli sul corpo che Martina si è inferta con una pietra acuminata. Il suo calvario è fatto di tre tentativi di suicidio, l’ultimo appena ieri, ricoveri e cure farmaco – psicologiche, integrate da attività sportive, laboratori artistici, musicali. Dopo essere stata ricoverata nel reparto di neuropsichiatria del Bambino Gesù perché ” aveva ingerito farmaci da terapia” è stata inviata alla comunità terapeutica per adolescenti del Ceis che ospita attualmente 16 giovani tra i 14 e i 20 anni.

Tra i ragazzi che tentano il suicidio: “Gli manca il rapporto con gli altri”

“Molti di loro arrivano con disturbi comportamentali – racconta Santo Rullo, medico psichiatra del Ceis – e dopo aver compiuto gesti suicidari, parasuicidari o rischiosi ” . Un modo per richiamare l’attenzione. “Dicono aiutatemi, stavo male e ho fatto quello che ho fatto, non so perché “. Capirli non è facile. Per i genitori, soprattutto. ” A Martina – racconta chi la cura – manca il rapporto con gli altri. Il Covid ha cambiato le relazioni sociali. Soffre molto per questo”. Da un lato il disagio, dall’altro l’assistenza al lumicino.
“Nel Lazio – racconta Rullo – sono poco meno di 40 i posti disponibili nelle strutture residenziali estensive e 20 quelli per trattamenti psichiatrici che durano meno di due mesi, 8 i posti di neuropsichiatria infantile al Bambino Gesù e 10 i ricoveri programmati all’Umberto I”. Numeri a fronte dell’enormità di un bisogno rivelato dalle cifre messe insieme da Stefano Vicari, primario dell’unità operativa complessa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza del Bambino Gesù.
“L’aumento dei casi di suicidio tra ragazzi ha molto a che vedere con i disagi da Covid. Gli accessi al pronto soccorso sono aumentati e le richieste di aiuto sono superiori alle nostre possibilità di accogliere. Nel 2011 abbiamo avuto 12 ricoveri per attività autolesionistica, a scopo suicidario e non, mentre nel 2020 oltre 300, quindi quasi uno al giorno”.

Tra i ragazzi che tentano il suicidio: “Giorgia che mangia il vetro”

Giorgia, 15 anni, non ha una famiglia solida alle spalle. Anzi. I suoi sono separati e hanno perso la potestà genitoriale. Lei è affidata ai servizi sociali. Lo stop scolastico imposto dall’emergenza Covid ha acuito le sue difficoltà di relazione. “Ha difficoltà a stare con gli altri, ingerisce pezzi di vetro e oggetti di metallo”, raccontano al Ceis.
Marco, 16 anni, ha un vissuto familiare normale ma ha lasciato la scuola, imbottendosi di alcol, sostanze e videogiochi. Durante il lockdown “voleva capire cosa si prova ad essere ubriachi e a prendere sostanze stupefacenti ” . ed è finito in ospedale. ” Ma – conclude Rullo – abbiamo intuito che se fosse tornato a casa ci avrebbe riprovato. Viveva una vita parallela”
Fonte: La Repubblica.it

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