Repressione, minacce e rimpatri: le stazioni di polizia cinesi che operano in Italia
In Italia opererebbero una decina di stazioni di polizia cinesi mascherate da uffici per il disbrigo di pratiche amministrative, aperte senza chiedere alcun tipo di autorizzazione al governo locale. Questi presidi, parte dell’operazione denominata “Overseas 110”, eserciterebbero una funzione di ordine pubblico in uno Stato terzo e, di conseguenza, la loro attività sarebbe da considerarsi illegale.
La presenza delle stazioni di polizia cinesi è funzionale a un duplice obiettivo: da un lato, controllare la fedeltà della popolazione cinese che vive e lavora in Italia; dall’altro, reprimere il più possibile l’attività dei dissidenti bypassando le normali procedure di estradizione, anche facendo ricorso a minacce a parenti e amici rimasti in Cina.
Quello italiano non è un caso isolato: stando a quanto riportato da un’indagine dell’ONG spagnola Safeguard Defenser, la presenza di stazioni di polizia al di fuori dei confini nazionali cinesi sarebbe infatti parecchio capillare: si parla di ben 54 stazioni di polizia stanziate in 21 Paesi. L’inchiesta, coordinata dall’attivista per i diritti umani Laura Hart, menziona dei numeri – difficili da confermare, data la provenienza – che lasciano poco spazio all’immaginazione: secondo
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