Reddito di “nullafacenza”, flop sul lavoro E abbiamo speso 20 miliardi in tre anni
Dopo tre anni, il responso sull’utilità e il valore del Reddito di cittadinanza è chiaro. Se l’assegno è stato un fondamentale supporto contro la povertà (amplificata dalla pandemia) e ha dunque raggiunto il primo obiettivo dichiarato da chi lo ha fortemente voluto: i grillini, così non è stato per il secondo obiettivo. Il lavoro, da offrire a chi percepiva lo strumento di sostegno, non è arrivato, oppure è stato gentilmente rifiutato, visto che la possibilità di rinviare al mittente la proposta di un impiego era ampiamente prevista. O anche di accettare un incarico in nero pur di non perdere le somme assicurate.
Insomma il Reddito di cittadinanza ha rivelato la stessa natura del Giano bifronte, due facce che non si guardano: utile a chi soffre, assolutamente inefficace come strumento di qualificazione professionale. Una considerazione dolce e amara che arriva dal rapporto dell’Inps che ha analizzato i primi tre anni dell’assegno sociale. A percepirlo, anche nella versione della pensione di cittadinanza sono stati 2 milioni di nuclei familiari, per un totale di 4,65 milioni di persone. A questa platea lo Stato ha messo in tasca una cifra complessiva di quasi 20 miliardi di euro (per l’esattezza 19,83 miliardi).
Il lungo report dell’Istituto di previdenza è basato sui dati raccolti da aprile 2019 a dicembre 2021, ossia un arco temporale di 33 mesi. E conferma la sensazione che fin dal primo giorno di applicazione si è avuta sull’efficacia dello strumento. Il 70% di quanti hanno iniziato a percepire il beneficio tra aprile e giugno del 2019 lo aveva ancora nell’ultimo semestre del 2021. Solo tre su dieci hanno probabilmente trovato un lavoro. Insomma la grande rivoluzione dell’occupazione nella quale tante speranze erano riposte è rimasta incompiuta. La rete dei centri dell’impiego, il formidabile esercito dei navigator addestrati a consigliare, formare e indirizzare gli aspiranti occupati verso impieghi stabili e remunerati, si è rivelato un grande bluff. Confermando quanto gli economisti spiegano da anni dalle cattedre universitarie e cioè che l’occupazione nelle economie di mercato non si crea per legge o per decreto. Ma con una parola magica che nel nostro Paese, finora e ancora fino a quando il tesoro del Pnrr non sarà definitivamente speso, nessuno ha mai realmente utilizzato. E cioè con gli investimenti, pubblici e privati che siano, unica forza generatrice di posti sani. Un grande fallimento, dunque, quello del Reddito di cittadinanza. Ma solo dal lato del lavoro. La funzione di supporto è stata esemplare.
Ai nuclei in difficoltà perenne, e a chi il lavoro lo ha perso durante la pandemia, i soldi per vivere sono comunque arrivati. E hanno garantito comunque un’esistenza dignitosa. Chap e a u . L’importo medio erogato è stato infatti di 546 euro, molto differenziato tra Rdc (577 euro) e Pdc (281 euro). Un assegno trasversale quanto ai beneficiari. Un segno che il disagio colpisce tutte le categorie e tutte le età.
Tra le persone che hanno beneficiato della prestazione nei 33 mesi presi in esame ci sono infatti neonati e centenari, componenti di famiglie numerose e persone che vivono da sole, chi ne ha beneficiato per un solo mese e chi per oltre due anni; studenti, lavoratori, titolari di pensione, inattivi, persone nel frattempo decedute. Un insieme vasto, articolato, eterogeneo, accomunato dall’assenza o dalla carenza di reddito familiare. La rete di protezione è stata importante dunque. Ammirevole e apprezzabile, se letta in chiave solidaristica. Ma nessuno si azzardi a dire che serviva a creare lavoro. L’ipocrisia non è più compresa nella misura.
Fonte: Il Tempo.it