Ogni uomo uccide ciò che ama
Questo articolo è pubblicato sul numero 50 di Vanity Fair in edicola fino al 13 dicembre 2022
Oscar Wilde, due anni dopo essere uscito dalla galera dove era stato rinchiuso per la sua omosessualità, scrive nel 1897 La ballata del carcere di Reading, che è probabilmente il suo poema più lucido e più profondo. In carcere Wilde aveva assistito all’impiccagione di Charles Thomas Wooldridge, soldato della guardia di guarnigione a Windsor che aveva ucciso la moglie che lo tradiva, e la ballata è una denuncia contro la pena di morte e la crudeltà del carcere, ma è anche quella che sembra un’amara constatazione esistenziale dello scrittore irlandese: «Ogni uomo uccide ciò che ama», un verso che torna nel poema come un ritornello. Pensava a sua moglie Constance? Al suo amato Bosie, per molti responsabile del suo processo e della sua prigionia? All’omicidio del soldato? A quello che aveva visto in prigione? Eppure ogni uomo uccide ciò che ama – dice la ballata – ognuno ascolti dunque ciò che dico: alcuni uccidono con uno sguardo d’amarezza, altri con una parola adulatoria, il
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