Ode a Christine McVie, l’adulta nella stanza
In quella miscela di sangue e alcol che erano i Fleetwood Mac, lei rappresentava un punto fermo. E che canzoni scriveva, un misto di serenità e tormento. Profilo d'una rocker defilata, ma fondamentale
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Christine McVie era l’unica adulta nella stanza. D’accordo, forse non era un’impresa essendo quella stanza i Fleetwood Mac, ma lei rappresentava il collante d’un gruppo di musicisti che negli ultimi cinquant’anni si sono presi e lasciati più volte. Era una presenza stabile, sensibile, coi piedi per terra in una band instabile, insensata, con la testa fra le nuvole. Era anche la tastierista che ha scritto una bella canzone dietro l’altra, la musicista a cui andavano dietro tutti quanti. Cantava come un usignolo ed era quella che sapeva come gira il mondo.
Ecco perché tutti la piangono dopo avere appreso la notizia della sua morte improvvisa. L’ha detto lei qualche mese fa Andy Greene di Rolling Stone: «Ero una specie di Madre Teresa che cercava di andare d’accordo con tutti e provava a mantenere un’atmosfera armoniosa e rilassata». E ammetteva che, «pur essendo una persona piuttosto pacifica, quella turbolenza mi piaceva. Si dice che litigassimo tantissimo, in realtà passavamo un sacco di tempo a ridere».
È lo spirito che emerge anche dalle sue canzoni, che sono pacate e allo stesso tempo tormentate. E
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