Max, affetto da Sma: «Mi avevano dato 20 anni di vita, ne ho compiuti 50: vivo al massimo, me ne infischio della malattia»

Nella giornata internazionale delle persone con disabilità, abbiamo intervistato Massimiliano Caramazza: «Sono contento di esserci, ogni giorno, e mi alzo sempre volentieri»

Quando venne al mondo, nel 1972, non c’erano ancora i test genetici. A sei mesi, Massimiliano Caramazza cominciò a gattonare, anche piuttosto velocemente, ma non riusciva a mettersi in piedi. Non avrebbe mai camminato. I suoi genitori lo portarono in tanti ospedali, lo sottoposero a molte visite, anche a una biopsia muscolare («di cui ancora porto il segno in un polpaccio»). Alla fine gli fu diagnosticata una malattia neurologica progressiva, la Sma, sindrome amiotrofica spinale o malattia del secondo motoneurone. 

Gli diedero vent’anni di vita, non di più. E invece, un mese fa, Max (che è addetto stampa e consulente food and beverage in marketing e comunicazione) ha festeggiato i suoi cinquant’anni. Lo ha fatto con una bella festa in un locale della sua città, Cuneo, con gli amici cari e una colonna sonora rigorosamente rock. 

A che cosa deve il fatto di avere smentito i pronostici dei medici?
«Alla fortuna, innanzitutto. A parte la battuta, io credo che la fortuna, come il destino, ce la creiamo noi. Vivere non può voler dire limitarsi a sopravvivere ed io, soprattutto grazie alla mia famiglia ed agli amici,


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