La turbolenza che fa paura.

Non so se, recentemente, avete avuto modo di ascoltare o leggere notizie circa un paio di gravi eventi, riferiti ad aerei di linea, legati alla turbolenza incontrata lungo la rotta.

Il più noto ha riguardato il volo SQ321 della Singapore Airlines, sulla tratta da Londra a Singapore, in cui c’è stato un morto e 104 feriti, di cui 20 finiti in terapia intensiva (https://en.wikipedia.org/wiki/Singapore_Airlines_Flight_321 ).

Turbolenze di tale intensità sono rare, ma alcuni studi recenti hanno dimostrato un aumento del rischio di trovare, sulle rotte aeree, queste eventualità, ahimè, legato a quel problemino, si, quella cosa sciocca che da noi è completamente scomparso dai tg, un po’ come la gioventù meloniana.  

L’aumento delle temperature. 

L’anno scorso al riguardo, gli scienziati dell’Università di Reading hanno scoperto che le forti turbolenze, sono aumentate del 55%, nel Nord Atlantico, tra il 1979 e il 2020. Hanno affermato che l’aria più calda derivante dall’aumento delle emissioni di gas serra, stava cambiando la velocità del vento nella corrente a getto e hanno considerato che l’aumento della CO2 di origine antropica avrà una effettiva influenza sulla velocità del vento e sulle turbolenze, quelle associate alla corrente a getto nell’alta atmosfera del fronte polare del Nord Atlantico. 

Ma che tipo di turbolenza era quella che ha colpito questi voli (l’altro era il Sidney – Santiago della LATAM Airlines Flight 800)? 

La turbolenza, a differenza del termine “vuoto d’aria” che viene utilizzato nel vocabolario comune, non è altro che una corrente, un flusso maggiore di aria, in particolare verticale che, interagendo con l’aereo, può provocarne il rollio, il beccheggio o l’improvvisa perdita di quota, come nel caso di specie. 

Esistono diversi tipi di turbolenza, c’è quella legata al maltempo (volando dentro le nubi, nei temporali) oppure in vicinanza degli stessi (in particolare sottovento ai cumulinembi). Ma ci possono essere fenomeni dovuti alle onde orografiche generata da una montagna o quella, addirittura, in aria limpida (detta CAT=clear air turbolence). 

La turbolenza in “aria limpida”, nel dettaglio, è la più difficile da capire e  si verifica quando c’è un cambio di direzione del vento all’interno o intorno alla corrente a getto, un “fiume” d’aria che scorre veloce e che si trova tipicamente a 30.000-60.000 piedi (uno di quelli che si trovano permanentemente sull’Atlantico e che, soffiando da est verso ovest, fanno aumentare il tempo di volo andando verso l’America, e a diminuirlo in rientro).

Questo tipo di turbolenza è notoriamente difficile da osservare per i piloti. Sebbene le organizzazioni meteorologiche forniscano avvisi su dove potrebbe essere trovata, durante il volo è difficile da notare, da capire, da osservare. 

Secondo l’IPCC, l’organismo delle Nazioni Unite per le scienze climatiche, vi sono prove evidenti che tali tempeste tropicali stanno aumentando di intensità a causa dei cambiamenti climatici e questo avviene per due ragioni. I nostri oceani si riscaldano, provocando l’evaporazione di più acqua, aggiungendo più calore e umidità all’aria. Allo stesso tempo, l’aria più calda trattiene più umidità, e questo può creare venti più forti e precipitazioni più intense, il che porterebbe turbolenze più gravi.

Questa seccatura ha anche conseguenze finanziarie. Secondo i ricercatori, l’industria aeronautica perde ogni anno tra i 150 e i 500 milioni di dollari solo negli Stati Uniti a causa degli effetti delle turbolenze, includendo l’usura degli aerei. Senza considerare il costo ambientale, per il surplus di carburante cercando di evitare le zone più perturbate. 

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters.

La fonte: https://www.met.reading.ac.uk/~williams/publications/e2023GL103814.pdf

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