Incubo ad alta quota: e così squillarono i cellulari
Esiste qualcosa di più irritante di chi parla al telefono in continuazione, magari ad alta voce, nel sedile a fianco al nostro sul tram, in metropolitana, in sala d’attesa? Finora no. Poi è arrivato il primo via libera dall'Europa per le telefonate in volo
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L’impressione è quella di essere nell’affollato privé (non così) esclusivo di quella discoteca che piace alla gente che piace, e invece no: qui più che il cameriere con le bocce di Dom Pérignon e le candeline a fontana, s’aspetta che il numero che ci hanno dato all’accettazione ore fa lampeggi finalmente sul monitor della sala d’attesa, chiamandoci all’azione e scuotendo i nostri culi quadrati.
Tra di noi non parliamo, ma sappiamo come ci sentiamo tutte: smarrite, impotenti, a dir poco scoglionate. C’è chi sbuffa, chi guarda il soffitto, chi si alza a fare due passi, chi si lamenta e agisce, chi invece si rassegna (che gli vuoi dire, è la legge delle visite mediche in un ospedale). E poi c’è quella lì: la tizia che come tante altre ha il cellulare in mano, sì; ma non per fare scrolling sui social in un religioso silenzio. No; lei parla. Lei telefona.
Nel giro di pochi minuti noialtre sappiamo quando sarà la pizzata di classe dei suoi figli, il regalo che farà alla cognata per Natale (“Una sciarpa o una crema per il corpo,
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