Il Giappone ha dato il via agli allevamenti intensivi di calamari (più crudeli e dannosi di quanto possa sembrare)
I ricercatori giapponesi hanno sviluppato un nuovo metodo l’acquacoltura dei calamari, ma oltre a non essere una scelta sostenibile la sofferenza degli animali rimane invariata in questa forma di allevamento. Gli animalisti nipponici chiedono allo Stato di rivedere il progetto
Nuovi sistemi per l’acquacoltura di calamari in Giappone. I ricercatori dell’Okinawa Institute of Science and Technology (OIST) hanno sviluppato un metodo che consente di allevare i cefalopodi destinati al consumo umano. Una nuova attività pronta a essere commercializzata nel Paese, ma non per questo sostenibile ed etica.
Nelle acque nipponiche tutte le popolazioni di calamari sono calate a picco dagli anni Ottanta in poi. I cefalopodi che si trovano in mare oggi non sono nemmeno l’ombra degli esemplari di una volta. Le loro dimensioni sarebbero di circa il 10% rispetto ai calamari pescati negli scorsi decenni.
Responsabile la pesca eccessiva, la grande domanda del Giappone, Paese in cui i calamari costituiscono un alimento centrale della dieta nipponica, ma anche i cambiamenti climatici. L’aumento delle temperature delle acque ostacolerebbe la deposizione delle uova dei calamari.
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