Danni collaterali. Così Evergrande&co. aprono un buco nei conti delle banche

Più che una tegola, è una mattonata in testa. E stavolta il paragone è più che azzeccato. Che il mercato immobiliare cinese fosse una specie di buco nero che tutto inghiotte è noto da tempo. Una delle gambe del Pil del Dragone (ne vale circa il 30%), da anni barcolla pericolosamente, trascinando nell’abisso un pezzo […]

Più che una tegola, è una mattonata in testa. E stavolta il paragone è più che azzeccato. Che il mercato immobiliare cinese fosse una specie di buco nero che tutto inghiotte è noto da tempo. Una delle gambe del Pil del Dragone (ne vale circa il 30%), da anni barcolla pericolosamente, trascinando nell’abisso un pezzo di economia cinese. Ma quello che più colpisce è l’enorme impatto della crisi del mattone sul sistema bancario dell’ex Celeste Impero.

Per anni, prima, durante e dopo la pandemia, le banche cinesi hanno prestato miliardi di dollari ai grandi colossi del mattone. I quali, una volta finiti a gambe all’aria o imbottiti di downgrade, sono stati costretti a rinegoziare il debito, il quale è passato allo stato di sofferenza. Questo, come in tutte le economie avanzate del mondo, comporta delle svalutazioni, ovvero perdita di valore del credito. E ogni anno le banche, quando c’è da chiudere il bilancio, debbono contabilizzare tale perdita di valore dei crediti.

Ora, tutto questo si è tradotto per gli istituti in un costo di 1.500 miliardi yuan,


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