Che follia la sinistra che difende il comunismo

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Che un Ministro dell’Istruzione invii una lettera sobria e pacata alle scuole per invitare a riflettere sulla ricorrenza del Giorno della Libertà, che per volere del Parlamento si celebra il 9 novembre di ogni anno in concomitanza con l’anniversario della caduta del Muro di Berlino, e che ciò generi una reazione immediata e ostile fra forze e movimenti politici che pure ostentano in ogni momento il loro essere democratici, è elemento che fa riflettere non poco.

Prima di tutto sulla nostra storia “ideologica”, nel senso bobbiano del termine, cioè su quei pregiudizi, preconcetti e apriorismi che si sono affermati nel secondo dopoguerra e che ci hanno portato ad avere una concezione errata, o quanto meno parziale, oltreché dogmatica, di ciò che è la libertà, e quindi di come la si debba coltivare. Una ideologia che ha permeato non poco, attraverso l’azione di forze politiche e sindacali, oltre che di una intellettualità organica, proprio le scuole che sono ora sotto la giurisdizione di Valditara. Una ideologia, ancora, i cui effetti si vedono, fra l’altro, nel modo fazioso e partigiano in cui sono impostati non pochi dei manuali scolastici in circolazione (e che, senza ovviamente intenti censori, esigerebbe a mio avviso una commissione d’inchiesta seria e oggettiva che aiuti a fotografare la situazione).

Tutto ciò genera una reazione quasi pavloviana: degli orrori del comunismo non si può parlare perché in fondo si sarebbe trattato di un’idea buona applicata male; oppure se ne può parlare ma solo con un “ma anche” concernente i misfatti del nazifascismo (laddove il contrario non vale). L’idea che sostanzialmente si vuole avallare è che basti essere antifascisti, e non anche ed ugualmente anticomunisti, per essere buoni democratici

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