Categoria Ambiente

I Campi Flegrei sono uno degli 8 maggiori emettitori naturali di anidride carbonica del mondo

Campi Flegrei

Secondo lo studio ”Discriminating carbon dioxide sources during volcanic unrest: The case of Campi Flegrei caldera (Italy)”, pubblicato su Geology da Gianmarco Buono, Stefano Caliro, Antonio Paonita, Lucia Pappalardo e Giovanni Chiodini dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INVG), «I campi vulcanici flegrei appena ad ovest di Napoli, in Italia, sono tra i primi 8 emettitori di anidride carbonica vulcanica nel mondo. Dal 2005, il cratere della Solfatara, una delle tante depressioni circolari nel territorio lasciate da una lunga storia di eruzioni, ha emesso i maggiori volumi di gas». Attualmente  emette 4.000 - 5.000 tonnellate di anidride carbonica al giorno, equivalenti alle emissioni prodotte dalla combustione di circa 1,9 milioni di litri di benzina.
Nei Campi Flegrei c’è attività vulcanica sin dalla prima eruzione circa 40.00 anni fa, con l'eruzione più recente nel 1538. Dagli anni ’50 in poi, ci sono state diverse fasi di attività. L'attuale ricerca fa parte del progetto strategico dell'INGV LOVE-CF: Linking surface Observables to sub-Volcanic plumbing-system: a multidisciplinary approach for Eruption forecasting at Campi Flegrei caldera (Italy).
Gli autori del nuovo studio stimano che «Fino al 20-40% delle attuali emissioni di anidride carbonica provengano dalla dissoluzione della calcite nelle rocce, mentre il 60-80% provenga dal magma sotterraneo».
Buono evidenzia che «Stimare la fonte dell'anidride carbonica è importante per ricostruire correttamente ciò che sta accadendo nel sistema magmatico e nel sistema idrotermale. Il nostro obiettivo è fornire uno strumento per discriminare meglio il contributo di anidride carbonica magmatica e non magmatica che possa essere applicato anche ad altri sistemi».
Alla Geological Society of America, che ha pubblicato lo studio italiano sul suo giornale Geology, spiegano che «Quando il magma si sposta verso la superficie terrestre, la diminuzione della pressione sul magma provoca il degassamento, il rilascio di gas precedentemente intrappolati all'interno del magma, inclusi vapore acqueo, anidride carbonica e anidride solforosa. Gli scienziati monitorano i vulcani per disordini e possibili eruzioni utilizzando una varietà di osservazioni, rilevando terremoti e tremori legati al movimento del magma, effettuando misurazioni dettagliate della deformazione del suolo e valutando i tipi e i volumi di gas rilasciati in superficie dalle fumarole, aperture nella terra che emettere vapore e altri gas. Le eruzioni sono spesso precedute da maggiori flussi di gas, ma ciò non significa che ogni aumento delle emissioni di gas sarà seguito da un'eruzione. E’ anche possibile che l'anidride carbonica provenga da fonti diverse dal magma. Anche l'interazione tra i fluidi sotterranei caldi e le rocce ospiti può rilasciare anidride carbonica».
L'INGV ha monitorato le emissioni di gas dal cratere della Solfatara dal 1983, fornendo una lunga registrazione delle variazioni di volume e composizione dei gas ivi emessi. In precedenza, confrontando i rapporti di azoto, elio e anidride carbonica nelle emissioni, i ricercatori avevano stabilito che i gas provenivano da fonti profonde di magma. Buono spiega che «Ci siamo concentrati principalmente sulla variazione geochimica, in particolare per l'anidride carbonica, l'elio e l'azoto, perché sono specie non reattive. Contengono informazioni su ciò che sta accadendo nel magma».
Ma quando nel 2005 il Campi Flegrei hanno iniziato a mostrare un aumento dei fenomeni, i dati hanno cominciato a deviare dalle impronte chimiche dei magmi, un trend che ha continuato ad aumentare nel tempo insieme all'aumento delle temperature nel sistema idrotermale poco profondo. I fenomeni sono continuati e nel 2012 il livello di allerta è stato innalzato da verde a giallo, indicando che «C'è un'attività intensificata ma non una minaccia imminente di eruzione».
Oltre a piccoli terremoti e maggiori emissioni di gas, i Campi Flegrei hanno subito anche deformazioni della superficie del suolo. I ricercatori dicono che «La circolazione di fluidi caldi nel sottosuolo potrebbe spiegare l'aumento delle temperature, la deformazione del suolo e l'aumento delle emissioni di gas: anche l'interazione di fluidi acidi caldi con la calcite nelle rocce rilascia anidride carbonica. I carotaggi delle rocce di studi precedenti rivelano che la calcite nelle rocce ha una composizione simile alle emissioni di gas». Gli scienziati stimano che «Il 20% -40% dell'anidride carbonica nel sito del cratere della Solfatara provenisse dalla rimozione della calcite nella roccia ospite».
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Per i bambini dell’Europa e dell’Asia centrale si aggravano le disuguaglianze

bambini ineguaglianza

Secondo il nuovo rapporto "Situation Analysis of Children Rights in Europe and Central Asia: Unequal progress, Children left behind" pubblicato dall'Unicef, «Una pandemia globale, le calamità naturali e i conflitti in corso negli ultimi due anni hanno avuto un impatto sul benessere di un numero crescente di famiglie e bambini in Europa e Asia centrale, rendendoli più vulnerabili alle disparità».
Il rapporto, il primo nel suo genere a riunire i dati e le analisi esistenti per tutti i Paesi della regione, evidenziando al contempo le lacune cruciali di dati che devono essere colmate, evidenzia l'aggravarsi delle disuguaglianze e sollecita i Paesi a «Mettere in atto sistemi efficaci per sostenere i bambini a rischio di povertà ed esclusione sociale».
Afshan Khan, direttore regionale dell'Unicef per l'Europa e l'Asia centrale, sottolinea che «La guerra in Ucraina, la pandemia da Covid-19, i cambiamenti climatici e l'attuale crisi economica ed energetica hanno spinto molte famiglie nell'incertezza, incidendo sul loro benessere e su quello dei loro figli. Tuttavia, la mancanza di dati su come questi eventi abbiano influito sui diritti dei bambini rende difficile valutare come soddisfare le esigenze dei bambini e delle famiglie più vulnerabili, in modo che nessun bambino della regione venga lasciato indietro».
Lo studio traccia un quadro preoccupante delle disparità nell'accesso alla salute e all'istruzione per i bambini più poveri e vulnerabili de tra questi i bambini rom e gli 11 milioni di bambini con disabilità sono tra i più svantaggiati quando si tratta di accedere a un'istruzione di qualità: «Mentre i bambini rom in Europa hanno maggiori probabilità di abbandonare la scuola, sia a livello primario che secondario, senza aver acquisito le competenze fondamentali, i bambini con disabilità rimangono esclusi dalla scuola e dall'apprendimento di alta qualità».
Le disparità nell'assistenza sanitaria ai bambini sono enormi: «Sebbene l'Europa e l'Asia centrale includano i Paesi con il minor numero di decessi fra i bambini con meno di un anno e con meno di cinque anni a livello globale – dice l’Unicef - alcuni Paesi registrano tassi di mortalità al di sotto dei cinque anni superiori alla media mondiale. Più della metà di questi decessi sono dovuti a malattie prevenibili e curabili». La pandemia da Covid-19 ha colpito duramente i servizi di vaccinazione di routine, con il 95% dei Paesi che ha registrato un arretramento nella copertura vaccinale e ogni anno quasi 1 milione di bambini nella regione non riceve le vaccinazioni previste.
La regione dell'Europa e dell'Asia centrale ha uno dei tassi più alti al mondo di bambini separati dalle famiglie e di bambini in strutture di assistenza residenziale. I dati disponibili mostrano che «I bambini rom e i bambini con disabilità sono rappresentati in modo sproporzionato nelle strutture di assistenza residenziale».
I problemi principali sono il benessere emotivo e l’inquinamento ambientale.
La pandemia di Covid-19 ha avuto anche ripercussioni anche sul benessere emotivo e mentale dei bambini: «Il suicidio è oggi la seconda causa di morte nei Paesi ad alto reddito dell'Europa e dell'Asia centrale», si legge nel rapporto.
Nella regione l'inquinamento atmosferico è il rischio ambientale più significativo: si stima che in Europa e Asia centrale 4 bambini su 5 respirino aria inquinata. Inoltre, molte comunità  non hanno le conoscenze e le competenze necessarie per proteggersi dagli impatti del cambiamento climatico.
Oltre al numero senza precedenti di rifugiati in fuga dalla guerra in Ucraina, i rifugiati e migranti provenienti da altre parti del mondo che arrivano in Europa e in Asia centrale continuano ad aumentare, «Mettendo a dura prova le capacità dei governi ospitanti di sostenere un accesso equo a servizi di base di qualità – evidenzia l’Unicef - Le carenze riguardano le strutture di alloggio e i servizi igienici, i servizi sanitari e di protezione, le opportunità di apprendimento, le misure per prevenire e affrontare la violenza di genere e l'assistenza e il sostegno ai bambini non accompagnati e separati».
Sin dalla pubblicazione  nel 2022 del rapporto "L'impatto della guerra in Ucraina e della successiva recessione economica sulla povertà dei bambini nell'Europa orientale e nell'Asia centrale", l'Unicef  ha chiesto «Un sostegno continuo ed esteso per rafforzare i sistemi di protezione sociale in tutta l'Europa e l'Asia centrale e di dare priorità ai finanziamenti per i programmi di protezione sociale, compresi i programmi di assistenza in denaro per i bambini e le famiglie vulnerabili». Ora, dopo aver aggiornato il quadro  della situazione dei bambini in Europa e Asia centrale, l'Unicef «Esorta i sistemi nazionali della regione - compresi i sistemi per l'istruzione, la salute, la protezione dell'infanzia e l'assistenza sociale - a soddisfare i bisogni di tutti i bambini, soprattutto quelli più vulnerabili, e a dare priorità ai bambini nella raccolta e nell'analisi dei dati».
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Emergenza a Vanuatu, devastata in pochi giorni da due cicloni e un terremoto

Vanuatu

Dopo che due cicloni consecutivi di categoria 4 e un terremoto di magnitudo 6,5 hanno colpito  Vanuatu la scorsa settimana, l’8 marzo le Nazioni Unite hanno dispiegato 8 esperti nella capitale, Port Vila, per sostenere la risposta del governo a questa emergenza. Un dispiegamento che fa seguito a una lettera ufficiale del Primo Ministro di Vanuatu,  Alatoi Ishmael Kalsakau, che ha accettato il sostegno e l'assistenza del Pacific Humanitarian Team (PHT), l'organismo di coordinamento umanitario regionale della comunità internazionale, composto da agenzie umanitarie dell’Onu, ONG internazionali e  Red Cross Movement.
Alpha Bah, coordinatore residente ad interim dell’Onu per Vanuatu, Fiji, Isole Salomone, Tonga e Tuvalu, ha detto che «I team delle Nazioni Unite sul campo qui e alle Fiji continueranno a seguire le indicazioni del Vanuatu National Disaster Management Office (Vanuatu NDMO) e del governo di Vanuatu per garantire che il nostro supporto sia allineato alle loro priorità di ripristinoo. Vanuatu ha mostrato una leadership eccezionale in queste difficili circostanze e le Nazioni Unite sono al tuo fianco».
Secondo il Vanuatu NDMO, oltre 250.000 persone,  quasi l'80% della popolazione del Paese insulare – uno dei più poveri del mondo -  sono state colpite dai disastri. Attualmente sono ancora in corso le valutazioni dei danni e dei bisogni. Le aree più colpite sono state Shefa e Tafea, Penama e Malampa, la provincia di Northern Penama, la parte occidentale della provincia di Malampa e le province di Sanma e Torba.
Il primo marzo Vanuatu è stata colpita dal ciclone Judy e il 3 marzo è stata devastata dal ciclone Kevin, una tempesta di categoria 4 con forti piogge e venti a oltre 230 chilometri all'ora. Poi le 13 isole che formano  Vanuatu sono state scosse da un terremoto di magnitudo 6,5  con epicentro a 90 chilometri dalla seconda città più grande del Paese, Luganville.
Secondo Vanuatu NDMO, «I forti venti e le ingenti quantità di pioggia hanno causato gravi allagamenti, danni a strutture e infrastrutture, nonché interruzioni di corrente e guasti ai sistemi di comunicazione. L'entità completa dei danni non è ancora nota, poiché le prime valutazioni sono iniziate solo di recente. Le zone più colpite si trovano nella parte orientale del Paese e a sud, compresa la capitale Port Vila. Il 2 marzo le autorità nazionali hanno dichiarato lo stato di emergenza, il 5 marzo lo stato di emergenza è stato aggiornato per includere l'intero Paese per le aree che sono state colpite. Le attuali priorità riguardano il ripristino di energia e comunicazioni, sistema dei trasporti a rifugi».
Il 6 marzo l’Unicef ha lanciato un allarme: «La situazione di circa 58.000 bambini a Vanuatu rimane estremamente precaria. I bambini delle province più colpite di Tafea e Shefa, in particolare, hanno bisogno di aiuto urgente, poiché molti hanno perso la casa, la scuola, il quartiere e tutte le cose familiari della loro vita».
Jonathan Veitch, rappresentante dell'Unicef per il Pacifico, ha aggiunto che «Con l'elettricità ancora assente in molti luoghi, e barche e aerei bloccati o danneggiati dai cicloni, non abbiamo ancora informazioni sufficienti sull'impatto sui  bambini nelle isole esterne di Tafea. Sappiamo che scuole e centri sanitari sono stati danneggiati in tutto il Paese. Unicef Pacific, in collaborazione con il governo di Vanuatu, ha iniziato a sostenere i bambini e le famiglie più colpiti».
Il 5 marzo, l'Unicef e la Croce Rossa di Vanuatu hanno consegnato il primo lotto di aiuti umanitari a 450 persone nel centro di evacuazione di Wan Smolbag, nella provincia di Shefa. Nei giorni successivi 1.000 famiglie hanno ricevuto forniture di emergenza, che includono kit per la dignità, secchi e teloni. Il magazzino dell'Unicef  a Port Vila è stato completamente rifornito di beni di emergenza in preparazione della stagione dei cicloni, e altri sono già in arrivo dalle Fiji. L'Unicef ha già 17 dipendenti sul campo a Vanuatu che supportano il governo con valutazioni dei bisogni e risposte ai bisogni immediati che riguardano soprattutto acqua potabile e servizi igienico-sanitari, servizi sanitari, beni non alimentari e alloggi di emergenza.
L’Unicef ha detto che «Nel breve termine i sistemi idrici dovranno essere controllati e ripristinati e le scuole riaperte ove possibile. Il supporto psicosociale e altri servizi di protezione dell'infanzia devono essere istituiti il ​​più rapidamente possibile per consentire ai bambini di ritrovare un senso di normalità».
I primi rapporti Onu indicano che  «Abitazioni, mezzi di sussistenza e linee elettriche sono stati danneggiati, ma le valutazioni di impatto sono state  ostacolate da problemi di connettività  legati all'emergenza».
La Francia ha inviato navi ed elicotteri con aiuti e per soccorrere gli sfollati dalla vicina Nuova Caledonia e altrettanto hanno fatto Australia e Nuova Zelanda. Ma per Vanuatu e per il suo magnifico popolo che vive con poco e pesando quasi nulla sul mondo - tanto che la sua più grande ricchezza, i maiali, figurano raffigurati con con una zanna ricurva nella bandiera e nello stemma nazionale -  questa volta sarò davvero dura risollevarsi da tre catastrofi di fila.
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Luca Santini è il nuovo presidente di Federparchi

Luca Santini e il nuovo presidente di Federparchi

Dopo un’ampia discussione, il Consiglio direttivo della Federparchi, riunitosi oggi a Roma, ha eletto a maggioranza Luca Santini quale nuovo presidente della Federazione della aree naturali protette italiane.  Succede a Giampiero Sammuri, presidente del Parco Nazionale Arcipelago Toscano, che aveva raggiunto il limite dei due mandati.
Luca Santini, nato a Stia in provincia di Arezzo nel  1964, attualmente è presidente del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna e quando venne nominato la sua candidatura fu avversata da diverse associazioni ambientaliste perché era sia Sindaco che cacciatore.
Secondo il profilo che ne traccia Federparchi, Santini «Ha lavorato a lungo su progetti di tutela della biodiversità e della fauna selvatica dell’Appennino, con particolare riferimento al lupo, nonché sui temi relativi al territorio. E’ stato sindaco di Stia (Ar) tra  il 2004 e il 2014. Dal 2011 al 2013 è stato presidente dell’Unione dei Comuni Montani del Casentino. Nel  2013  diviene presidente del parco nazionale delle Foreste Casentinesi e, da allora, è componente del Consiglio Direttivo della Federparchi».
Sammuri ha commentato sulla sua pagina Facebook: « Con oggi, dopo 14 lunghissimi anni si conclude la mia esperienza di presidente di Federparchi. Il nuovo presidente è Luca Santini presidente del parco delle foreste casentinesi, persona capace e di esperienza. Sono contento che la scelta del consiglio, del quale non faccio più parte, sia stata su di lui.  Sono stati anni belli, intensi pieni di rapporti umani, di condivisioni e di esperienze. Ho imparato tantissimo girando l’Italia ed il mondo , conoscendo centinaia di persone che condividono i miei stessi interessi. Sicuramente l’esperienza più gratificante della mia vita. Grazie a tutti quelli che mi hanno aiutato e sostenuto in questo percorso e un grandissimo augurio di buon lavoro a Luca che sicuramente farà molto bene».
 
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Servizi pubblici, dalle top utility investimenti in crescita del 50%

althesys top utility

Dopo lo shock subito con l’arrivo della pandemia, il mondo dei servizi pubblici ha reagito accelerando sul fronte degli investimenti: nel 2021 le 100 maggiori utility italiane sono arrivate a valere 152 mld di euro (l’8,5% del Pil, +18,6% rispetto ai livelli pre-covid), con investimenti in crescita del 50% a 11 mld di euro.
Sono questi i principali dati presentati oggi a Milano all’interno dello studio Le performance delle utility italiane, nel corso del Top Utility, l’evento annuale organizzato da Althesys in collaborazione con Utilitalia che, come ogni anno, mostra lo stato dell’arte nei settori acqua, energia e rifiuti.
«Questi macro-trend – spiega l’economista Alessandro Marangoni, ad di Althesys – impattano su un tessuto industriale piuttosto diversificato nel quale coesistono grandi gruppi energetici, multiutility e piccole e medie realtà locali concentrate su pochi settori. Uno sguardo d’insieme alle performance dei servizi delle Top100 conferma la tendenza di fondo di miglioramento, già emersa nelle precedenti edizioni, nei settori ambientali (acqua e rifiuti) e la sostanziale stabilità di quelli energetici. Nonostante la grande resilienza e capacità di adattamento mostrati, tuttavia, il quadro rimane incerto e i rischi geopolitici sui business ancora elevati».
Le maggiori 100 sono soprattutto monoutility idriche (35%), multiutility (26%) ed aziende di servizi ambientali (23%), con una minoranza attive solo nella distribuzione/vendita di gas (7%) e pochi grandi player energetici nazionali e internazionali. Solo 15 imprese superano il miliardo di euro di ricavi, mentre 56 sono sotto i 100 milioni e una spiccata vocazione territoriale.
«Tra pandemia, crisi energetica e siccità – aggiunge il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – negli ultimi tre anni le utility si sono trovate ad affrontare una serie di situazioni emergenziali che hanno rappresentato sfide enormi per il comparto. Ciò nonostante, le imprese non si sono limitate a garantire la continuità dei servizi e ad attivare tutte le azioni volte a minimizzare i disagi e la minore esposizione possibile a carico dei cittadini, ma hanno continuato a sviluppare progetti fondamentali per supportare la transizione ecologica del Paese».
Un contesto passato in rassegna dal team di ricerca Top Utility usando molteplici parametri (economico-finanziari, ambientali, comunicazione, customer care, formazione e ricerca&sviluppo), fino ad individuare la migliore utility italiana: un riconoscimento quest’anno va a Brianzacque, che si aggiudica il premio Top Utility Assoluto, mentre della cinquina finale facevano parte anche Cidiu, Contarina, Estra e Hera.
Più in generale, la transizione ecologica e la sensibilità verso i temi sociali sono da tempo al centro delle strategie delle migliori utility. Quasi tutte adottano certificazioni ISO 9001 e 14001 e crescono le Top100 che redigono il rapporto di sostenibilità (74% nel 2021). Guadagnano poi terreno le politiche per la diversità e l’inclusione ma un ulteriore sforzo è  necessario.
L’attenzione alle risorse umane, che è sempre stata un fattore chiave nelle utility, diventa ancora più rilevante nelle fasi di trasformazione che stiamo affrontando. I dati mostrano come le aziende offrano formazione alla quasi totalità dei dipendenti (93%). Le ore previste però variano molto, con casi virtuosi di oltre 40 ore annuali per dipendente contro un dato medio intorno alle 17 ore.
In conclusione, il settore dei servizi pubblici mostra un miglioramento del quadro complessivo evidenziato dal forte aumento degli investimenti concentrati prevalentemente sui profili tecnologici: è significativo, ad esempio, che la quasi totalità delle utility abbia avviato progetti per digitalizzazione e innovazione, tra sensoristica e intelligenza artificiale e che siano aumentati i brevetti ottenuti.
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Fermare la strage subito! A Cutro sabato 11 marzo manifestazione nazionale

Fermare la strage subito

«La strage di Cutro non è stato un incidente imprevedibile. È solo l’ultima di una lunghissima serie di tragedie che si dovevano e si potevano evitare. Le persone che partono dalla Turchia, dalla Libia o dalla Tunisia sono obbligate a farlo rischiando la vita a causa dell’assenza di canali sicuri e legali di accesso al territorio europeo. I governi hanno concentrato i loro sforzi solo sull’obiettivo di impedire le partenze, obbligando chi fugge da guerre, persecuzioni e povertà a rivolgersi ai trafficanti. Se le persone morte nel mare davanti a Cutro avessero potuto chiedere e ottenere un visto umanitario non avrebbero rischiato la vita. Se ci fosse stato un programma di ricerca e salvataggio europeo o italiano, quel terribile naufragio si sarebbe potuto evitare. Sulle responsabilità delle autorità competenti indagherà la magistratura. Ma chi ha responsabilità politiche, in primo luogo il governo, non può ribaltare la realtà e scaricare sulle vittime il peso di una strage che ha visto la perdita di 71 esseri umani che si potevano e si dovevano salvare». Si apre così l’appello sottoscritto dal Tavolo Asilo e Immigrazione, dalle rete 26 Febbraio, dalle Ong impegnate in operazioni di ricerca e soccorso, dalle reti locali della Calabria, dall’AOI, dalle tante organizzazioni locali e nazionali che hanno deciso di promuovere una manifestazione sulla spiaggia di Cutro il prossimo 11 marzo, per esprimere indignazione per quanto accaduto e solidarietà con le famiglie delle vittime.
Alla manifestazione ha annunciato  la sua partecipazione anche Legambiente che sabato tornerà a ribadire la sua «Indignazione per l’ennesima strage di migranti che si è consumata sulle coste italiane e ad esprimere la sua vicinanza alle famiglie delle vittime, perché quanto accaduto è qualcosa di vergognoso. Ogni Paese industrializzato è responsabile di queste migrazioni causate sempre più da tensioni e conflitti per l’accaparramento di materie prime o risorse energetiche dalla crisi climatica che rende invivibili le terre di queste persone».
Il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani e la presidente di Legambiente Calabria Anna Parretta, sottolineano che «Non si può rimanere indifferenti di fronte a quanto sta accadendo sulle coste italiane, né continuare a perpetuare politiche disumane che alimentano tragedie che non vorremmo vedere più nel mar Mediterraneo, come nel resto del mondo. Occorre fermare questa emorragia di umanità e dare l’esempio affinché tragedie simili non accadano più. Per questo insieme alle tante associazioni e ai rappresentati della società civile che sabato manifesteranno a Cutro, chiediamo in particolare un’indagine seria per fare chiarezza su quanto è accaduto garantendo verità e giustizia».
Per le associazioni organizzatrici della manifestazione «E’ arrivato il momento di dire basta e di fermare le stragi. Chiediamo un’indagine seria che faccia chiarezza su quanto è successo. Chiediamo di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi di frontiera. Chiediamo di realizzare immediatamente un programma europeo di ricerca e salvataggio in tutto il Mediterraneo, e sollecitiamo il governo italiano a chiedere agli altri Stati membri di implementare questo programma. Chiediamo di attivare i visti umanitari previsti dal Regolamento Europeo dei Visti, consentendo così alle persone in fuga da guerre e violenze l’attraversamento delle frontiere europee in sicurezza e legalità. Chiediamo di attivare ogni via d’accesso complementare, a partire dai reinsediamenti, dai corridoi e da altre forme di sponsorship e di ampliare i canali regolari di ingresso, senza usare questi strumenti per giustificare politiche di chiusura e respingimenti delegati a governi non Ue. Chiediamo di fermare ogni iniziativa e programma di esternalizzazione delle frontiere e di promuovere accordi bilaterali condizionati dal rispetto dei diritti umani e non dal controllo dei flussi migratori. E’ il momento di dire basta ad ogni forma di strumentalizzazione politica e di fermare le stragi. Lo faremo andando sulla spiaggia di Cutro il prossimo 11 marzo alle 14.30 per esprimere la nostra indignazione e la solidarietà con le vittime e le loro famiglie con una marcia silenziosa. La manifestazione di Cutro è il primo importante appuntamento nazionale di un percorso di iniziative e mobilitazioni che le reti che la promuovono intendono organizzare affinché queste politiche “invertano rotta”. A chi non potrà essere a Steccato di Cutro chiediamo di mobilitarsi online scattandosi una foto con la fascia bianca al braccio e pubblicarla sui social con l’hashtag #fermarelastrage».
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Pesce istrice tropicale ritrovato sulla costa laziale. E’ il secondo segnalato dal 2008 (VIDEO)

pesce istrice 1

E’ un pesce istrice, conosciuto anche come pesce porcospino punteggiato (Chilomycterus reticulatus), l’esemplare di circa 60 centimetri ritrovato spiaggiato a Santa Marinella (Roma) e segnalato da un pescatore grazie alla campagna “Attenti a quei 4!” lanciata da Ispra e Cnr-Irbim per informare i cittadini sulla presenza di quattro pesci alieni potenzialmente pericolosi per la salute umana.
In seguito alla segnalazione ricevuta, i ricercatori dell’Ispra sono intervenuti per recuperare l’esemplare di Santa Marinella ed effettuare le analisi morfologiche e molecolari per l’identificazione della specie.
Ispra e Cnr-Irbim spiegano che «Segnalata prima d’ora solo una volta nel Mediterraneo lungo il litorale sardo dell’isola di Sant’Antioco nel 2008, questa specie subtropicale presenta un corpo gonfiabile ricoperto di grosse spine, denti fusi in placche e una caratteristica livrea maculata su dorso e pinne. Si nutre principalmente di ricci di mare e molluschi conchigliati. Appartiene alla famiglia Diodontidae, la cui commercializzazione a scopo alimentare è vietata già dal 1992, per via della possibilità di accumulare la tetrodotossina, sebbene in misura minore rispetto ai pesci palla della famiglia Tetraodontidae. L’esemplare trovato sulla costa laziale potrebbe essere arrivato dall’Atlantico orientale attraverso lo Stretto di Gibilterra o provenire da un rilascio da acquari».
Quindi, Ispra e Cnr-Irbim  rinnovano l’invito a «Non liberare specie esotiche vive negli ambienti naturali, limitare le loro possibilità di fuga da ambienti confinati e segnalare anche per imparare a conoscere le nuove specie esotiche che popolano i nostri mari a partire da quelle potenzialmente pericolose che vengono illustrate dalla campagna “Attenti a quei 4”.
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Sostenibilità dell’industria alimentare: siamo ancora in tempo a invertire la rotta

Sostenibilita dellindustria alimentare 1

Secondo l’Onu, nel 2050 la popolazione mondiale raggiungerà i 9,8 miliardi di persone e la domanda di cibo è in continua crescita ma il sistema alimentare è già sotto pressione a causa dei cambiamenti climatici e del mutato contesto economico e sociale. Se da un lato bisogna rimodellare le filiere alimentari verso la sostenibilità, dall’altro manca una definizione univoca del termine “sostenibilità” e dei criteri per misurarla.
Per questo  DNV - ente indipendente che fornisce servizi di assurance, certificazione e verifica in tutto il mondo - ha presentato il white paper “The Integrated ESG Approach. Driving the future of Sustainable Food Systems”, che propone «Una prospettiva olistica e con criteri misurabili, passando da una valutazione parziale a una omnicomprensiva dei temi ESG (Environmental, social, and corporate governance), che si tratti di un prodotto, di un'azienda o di un'intera catena di fornitura».
Quel che è chiaro è che l’attuale modello business as usual è insostenibile, come spiega lo stesso report DNV, «L'umanità sta utilizzando 1,75 volte le risorse a disposizione sulla Terra. Si stima che entro il 2030 non basteranno 2 pianeti per sostenere i bisogni della popolazione mondiale. Il 50% della superficie abitabile è già dedicato alla produzione alimentare che è responsabile per il 34% delle emissioni antropiche di gas serra, la maggior parte delle quali (71%) è attribuibile alle attività agricole».
Se è vero che l’agricoltura dà lavoro a un miliardo di persone - il 27% della popolazione mondiale – è anche vero che purtroppo rappresenta anche il 70% del lavoro minorile contro il 19,7% dei Servizi e il 10,3% dell’Industria. Mentre, dice DNV, «A valle della catena di valore ci sono 2 miliardi di persone con deficit alimentari a fronte di 1,9 miliardi di adulti obesi e sovrappeso. Lo spreco alimentare è responsabile per il 6-8% delle emissioni antropiche e, se fosse uno stato, sarebbe il terzo produttore di gas serra dopo Cina e Stati Uniti».
Quindui, una trasformazione sostenibile è indispensabile per salvaguardare il pianeta, garantire a tutti l’accesso a una corretta alimentazione e soddisfare le esigenze delle generazioni future, anche attraverso una gestione circolare del ciclo di vita del prodotto, che vada oltre l’approccio lineare “dal campo alla tavola”.
Nicola Rondoni, head of section e direttore del programma “Sustainable Food Systems and Supply Chains” di DNV fa notare che «Fino a ora però le aziende hanno incontrato difficoltà a mettersi d’accordo sulla definizione stessa di sostenibilità: il quadro normativo è frammentato e nonostante la successione di diversi convegni, dichiarazioni e regolamenti nel corso degli anni è mancato un punto di riferimento in grado di indicare la strada maestra. La conseguenza è stato un approccio parziale alle tematiche ESG, concentrato sull’aspetto ambientale, spesso ridotto alla valutazione della Carbon Footprint, e che trascura le sfere sociali e di governance».
Nel white paper DNV riflette su «Come una corretta strategia dovrebbe integrare le tre dimensioni ESG, a tutto vantaggio del pianeta e di quelle aziende che riuscirebbero così a consolidare la propria reputazione, a corroborare la fiducia dei consumatori e attirare capitali da investitori sempre più attenti alla sostenibilità. L’approccio integrato include la valutazione di tutti gli aspetti ambientali, sociali e di governance e anche le loro reciproche interconnessioni nel sistema di riferimento – sia esso un prodotto, un’azienda o una catena di valore».
Definito il perimetro applicativo dell’Approccio ESG integrato, restano da definire gli indicatori per misurare i progressi. DNV propone tre tipologie: «I “minimi” sono denominatori comuni a più settori e categorie e sono legati alle grandi sfide globali. Ne sono possibili esempi: l’uso dell’energia, il rispetto dei diritti umani, il risk management o le politiche Diversity & Inclusion. Man mano che si entra del dettaglio di una singola Industry, come per esempio quella alimentare, entrano in gioco altri indicatori “specifici per il settore” come possono essere, in ambito ambientale (E), l’uso del suolo, la perdita di biodiversità, la gestione dei packaging e dei rifiuti; in ambito sociale (S) l’approvvigionamento responsabile, la sicurezza alimentare e l’equa remunerazione; in ambito governance (G) l’instabilità geopolitica, il coinvolgimento degli stakeholder o la gestione dei richiami di prodotto. La somma degli “indicatori minimi” e degli indicatori “specifici di settore” fornisce già una valutazione sulla sostenibilità di un’azienda. Ma si può andare oltre, e per una valutazione più accurata della sostenibilità di una specifica categoria di prodotto, l’approccio deve essere arricchito con gli “indicatori raccomandati”. Nell’ambito della filiera ortofrutticola troveremo, per esempio, in ambito ambientale l’uso responsabile delle risorse idriche, nell’ambito sociale la sicurezza occupazionale e il benessere dei lavoratori, in ambito Governance i progetti di sviluppo per l’imprenditoria rurale. L’approccio ESG integrato presenta diversi vantaggi, è adattabile in quanto può essere applicato al singolo prodotto, alle imprese e a intere catene di valore favorendo un confronto oggettivo grazie agli indicatori minimi. È modulare e può aiutare nell’analisi di sistemi complessi potendo in ogni momento tornare a comporre il quadro d’insieme. Un’altra caratteristica è la flessibilità poiché le metriche di valutazione possono essere adattate in base a esigenze specifiche e situazioni eccezionali come lo sono state la pandemia e la guerra».
Rondoni conclude «La transizione verso un modello sostenibile rappresenta una sfida per le aziende del settore F&B ma anche un’opportunità per sviluppare un sistema più efficiente e resiliente. Le aziende che decideranno di inserire l’approccio ESG integrato nella propria strategia avranno un vantaggio competitivo grazie all’impatto positivo sull’ambiente e sulla società, preservando il nostro pianeta per le generazioni future».
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Second life fa tappa a Empoli, in mostra le opere per la sostenibilità di 30 giovani artisti

second life alia

La nuova tappa di “Second life: tutto torna” è stata inaugurata oggi, presso il Chiostro degli Agostiniani ad Empoli: alla II edizione del concorso promosso da Alia hanno partecipato circa cento giovani artiste e artisti, che si sono interrogati sui concetti dell’economia circolare – come riutilizzo, riciclo e recupero – e li hanno condensati in altrettante opere d’arte.
Con questa seconda edizione, Second life si consolida infatti come il primo concorso artistico a livello nazionale incentrato sul tema “arte e sostenibilità”, con la Toscana come palcoscenico della creatività dei giovani artisti e degli studenti di tutte le Accademie e Scuole d’arte italiane.
Tra le 30 opere finaliste, selezionate da una prima giuria di giovani curatori ed ora in mostra nel Chiostro, sono state successivamente valutate da una giuria composta da affermati critici, storici dell’arte e direttori delle principali istituzioni culturali toscane, che hanno identificato le tre opere vincitrici e le menzioni speciali.
Prima classificata Caterina Dondi, artista ventiquattrenne della provincia di Varese, con l’opera “Ordinare Senza Spostare”; la seconda opera classificata, “Espositore di Luoghi”, arriva da Messina ed è stata realizzata dal ventiseienne Giuseppe Raffaele con tecnica mista (ferro-carta-terra); a chiudere il podio “Curae”, dell’artista milanese Giulia Pirri (classe 1994).
Le tre menzioni speciali sono state invece assegnate a: Elisa Pietracito, artista ventiseienne della provincia di Firenze, per “Sotto lo stesso cielo” realizzata con filo di rame di scarto cucito a mano su tessuto di riciclo; Edoardo Sessa, ventisettenne di Varese, con la performance “Homologation” ed il giovanissimo artista cinese (classe 2002) Siyang Jiang con l’opera “If you want to live” realizzata con vetro, alluminio, legno, pianta, terra, candele.
Il main partner di Second life, Evolve Maire Tecnimont Foundation, ha infine selezionato per la menzione speciale l’opera di Federico Ferroni “Decay”.
«Questa nuova edizione del contest – commenta il curatore della mostra Marco Meneguzzo – conferma che il tema della sostenibilità, e con esso il rispetto dell’ambiente, è fortemente introiettato nelle nuove generazioni; un tema con cui si confrontano costantemente. Le opere in mostra raccontano come la questione ambientale sia vissuta in modo individuale piuttosto che sociale dai giovani artisti, con attenzioni più intimiste che “politiche”, intendendo con quest’ultimo termine l’aspetto sociale e relazionale delle persone. L’attenzione alle “piccole cose” non può esistere senza un tempo rallentato che, coscientemente o no, sembra già un’indicazione di soluzione del problema».
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Torna Nontiscordardimé, operazione scuole pulite 2023

Nontiscordardime

«Migliorare le scuole e renderle più accoglienti e confortevoli, coinvolgendo l'intera comunità scolastica in piccoli lavori di manutenzione, dal rinfrescare e decorare le pareti di classi e corridoi al piantare alberi e fiori, fino alla realizzazione di orti scolastici, ripensando e abbellendo gli spazi interni ed esterni» è questa la missione di Italia “Nontiscordardimé - Operazione Scuole Pulite 2023”, la storica campagna di volontariato di Legambiente dedicata alla riqualificazione e rigenerazione degli edifici scolastici che vede protagonisti  studenti, insegnati, genitori e volontari che torna il  10 e 11 marzo torna in tutta Italia.
Al centro della XXV edizione dell’iniziativa, alla quale hanno aderito 2.875 classi per un totale 282 scuole, la lotta ai cambiamenti climatici, obiettivo dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, in cui la scuola gioca un ruolo fondamentale nell’informare e sensibilizzare i ragazzi sulle cause e a stimolarli nel praticare semplici gesti per contrastarli, a partire dal luogo che frequentano tutti i giorni. Come organizzare mercatini del riuso baratto, puntare sempre più a una raccolta differenziata a scuola e in classe, utilizzare in modo ragionevole riscaldamenti, luce e acqua e scegliere una mobilità a basso impatto ambientale.
Novità di questa edizione è il focus sull’Inefficienza energetica del patrimonio scolastico, presentato oggi in un webinar sul canale YouTube di Energia Legambiente, nell‘ambito della campagna Civico 5.0,  che analizza le termografiei di 33 edifici di scuole e università di Roma: 2 scuole dell'Infanzia, 1 scuola dell'infanzia e primaria, 10 scuole primarie e secondarie di primo grado, 9 scuole secondarie di secondo grado, e 11 facoltà e dipartimenti universitari. 
Legambiente denuncia che «Tutti gli edifici scolastici presi in considerazione hanno presentato criticità più o meno gravi legate a dispersioni di calore (da travi e solai, infissi, cassettoni e termosifoni) con conseguente aumento dei costi in bolletta, sprechi energetici ed emissioni climalteranti. Anche gli edifici storici, nonostante le mura più spesse, hanno registrato dispersioni dalle pareti, dove sono visibili le impronte termiche dei termosifoni, infissi e cassoni per le serrande». Il caso di Roma è solo l’emblema del forte ritardo delle amministrazioni sulla messa in sicurezza degli edifici e sull’efficientamento energetico, come evidenziato anche dalla XXII edizione di Ecosistema Scuola.
Roberto Scacchi, presidente Legambiente Lazio, ha commentato: «Se il settore edilizio è tra i più energivori e climalteranti, l’edilizia scolastica non fa eccezione in tema di inefficienza. Nella Capitale quanto emerge dalle analisi termografiche, conferma un quadro preoccupante: per gli edifici analizzati, per gli oltre 1.200 edifici scolastici di tutta Roma e per le scuole italiane in generale; luoghi energivori come pochi vista l’enorme dispersione di calore, causata da strutture non in grado di rispondere alle esigenze di efficientamento, che devono essere invece una delle pietre angolari nella sfida verso la transizione ecologica. L’efficienza energetica rappresenta infatti un elemento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi climatici, per rinforzare l’indipendenza energetica dell’Italia e per ridurre le spese energetiche. Per questo servono politiche serie e concrete di decarbonizzazione del settore, tema su cui il Governo Meloni ad oggi si sta muovendo in direzione opposta agli interessi del Paese».
Legambiente indica una roadmap per recuperare i forti ritardi degli edifici scolastici italiani sull’efficientamento energetico: «In primo luogo, è urgente completare l’anagrafe scolastica per tutti gli edifici e rendere pubbliche le condizioni e le entità dei fabbisogni; rivedere poi i parametri di ripartizione dei fondi, orientando maggiori investimenti verso i territori soggetti a svantaggi socio-ambientali e con gap infrastrutturale; inaugurare una generazione di scuole sostenibili e innovative, aperte al territorio e dotate di servizi integrati. E ancora procedere, attraverso i fondi del PNRR, all’efficientamento energetico degli edifici e all’installazione di impianti di energia rinnovabile, raggiungendo una diminuzione dei consumi almeno del 50%. Incentivare la costituzione di comunità energetiche rinnovabili e solidali (C.E.R.S.); una seria e concreta politica di efficientamento del settore edilizio, in grado di affrontare le sfide della decarbonizzazione del settore, eliminando ad esempio le caldaie a fonti fossili dal sistema premiante e obbligando all'utilizzo di materiali innovativi e sostenibili. Infine, rivedere il sistema di incentivi in tema di edilizia e riqualificazione energetica».
Claudia Cappelletti, responsabile scuola e formazione di Legambiente, conclude: «La XXV edizione di Nontiscordardimé – dichiara  è l’occasione per tutta la comunità scolastica di essere protagonista nella lotta ai cambiamenti climatici, co-progettando e intraprendendo azioni concrete per la sostenibilità; senza dimenticare quelli che sono i problemi quotidiani di molti edifici scolastici, troppo spesso vecchi, poco sicuri e sostenibili, con una importante necessità di interventi di riqualificazione e rigenerazione».
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