Black Panther: Wakanda Forever, il funerale dei supereroi
Black Panther: Wakanda Forever vorrebbe essere un funerale per la morte di Chadwick Boseman, una celebrazione della sua vita, un omaggio alla sua carriera. Non è nessuna di queste cose ma è esattamente quello che abbiamo imparato ad aspettarci, purtroppo: è il trentesimo film del Marvel Cinematic Universe, l’ultimo titolo della cosiddetta Fase 4, il sequel del primo, fortunatissimo Black Panther. E niente di più. In Wakanda Forever ci sono tutte le cose che hanno fatto del Mcu il più importante fenomeno pop-culturale dei nostri tempi – il successo al botteghino italiano, americano e mondiale è solo l’ennesima e innecessaria dimostrazione che la formula funziona – ma c’è anche la prova della sterilità di un genere, quello supereroistico, di cui alla fine resteranno soltanto le cifre.
Sono sicuro Ryan Coogler avesse grandi speranze artistiche per il suo film e sono sicuro che buona parte di quelle speranze artistiche siano finite – sia nel senso di “contenute” che in quello di “terminate” – nella scena iniziale, quella del funerale di T’Challa, unico momento in cui il regista riesce a mettere in
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