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Dopo le orche, anche i delfini attaccano: l’allarme in Giappone

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Gli attacchi di orche hanno preoccupato marinai di tutto il mondo, ma una nuova minaccia emerge dalle acque di Fukui, in Giappone: un’ondata di attacchi di delfini. Secondo un rapporto pubblicato su Nature, dal gennaio scorso fino a lunedì 26, 18 persone sono rimaste ferite da questi attacchi. Gli esperti ritengono che il responsabile sia un delfino tursiope (Tursiops aduncus). Comportamento dei delfini L’ecologo Tadamichi Morisaka dell’Università di Mie ha spiegato che i delfini tursiopi mordono spesso in segno di amicizia. “Il morso delicato è un comportamento comune tra i delfini tursiopi maschi in natura, utilizzato per mantenere le relazioni. Nella mente di questo delfino, potrebbe aver già costruito una relazione amichevole con gli umani“, afferma l’ecologo. Questo suggerisce che il delfino stia cercando un’interazione piuttosto che attaccare intenzionalmente. Interazioni pro-sociali Secondo Morisaka, i delfini tursiopi vivono generalmente in gruppi e i maschi formano alleanze per avere un miglior accesso alle femmine. Queste alleanze comportano vari comportamenti sociali, tra cui morsi delicati, giochi e anche interazioni sessuali. “I morsi delicati sono un comportamento pro-sociale. Il delfino di Fukui si comporta come se stesse giocando con un compagno maschio, ma con gli umani“, spiega l’ecologo. Rischi e prevenzione Tuttavia, queste interazioni possono evolvere in comportamenti più aggressivi. “A Fukui, siamo in una fase in cui i delfini potrebbero iniziare ad affermare il loro dominio attraverso attacchi. L’estate scorsa abbiamo osservato alcuni di questi comportamenti aggressivi. Con una lunghezza di circa 2,5 metri e un peso di 200 chili, un attacco a una velocità di 20-30 chilometri all’ora potrebbe essere devastante“, avverte Morisaka. Per mitigare questi rischi, le autorità locali hanno installato dispositivi acustici subacquei che emettono suoni casuali per scoraggiare i delfini. Tuttavia, i delfini tursiopi, essendo particolarmente curiosi, potrebbero abituarsi a questi suoni. “Abbiamo visto i delfini tornare sulle spiagge nonostante i dispositivi”, riferisce l’ecologo. Soluzioni Future Morisaka suggerisce lo sviluppo di un sistema di rilevamento precoce basato sull’ecolocalizzazione dei delfini. “Un allarme suonerà non appena i delfini si avvicinano, permettendo di far uscire le persone dall’acqua in tempo. Speriamo che, non trovando nulla di interessante, i delfini tornino al loro ambiente naturale.” Sensibilizzazione della Popolazione È essenziale sensibilizzare la popolazione sui potenziali pericoli dei delfini selvatici, così come si fa con le orche, note per affondare barche per divertimento. La consapevolezza e la precauzione sono fondamentali per prevenire incidenti e garantire la sicurezza di bagnanti e marinai. In sintesi, mentre i delfini sono spesso visti come creature amichevoli, è importante ricordare che sono animali selvatici con comportamenti complessi. La gestione e la comprensione di queste interazioni sono cruciali per garantire la convivenza sicura tra umani e delfini.
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Non solo le orche: in Giappone anche i delfini attaccano l’uomo

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Gli attacchi di orche hanno preoccupato marinai di tutto il mondo, ma una nuova minaccia emerge dalle acque di Fukui, in Giappone: un’ondata di attacchi di delfini. Secondo un rapporto pubblicato su Nature, dal gennaio scorso fino a lunedì 26, 18 persone sono rimaste ferite da questi attacchi. Gli esperti ritengono che il responsabile sia un delfino tursiope (Tursiops aduncus). Comportamento dei Delfini L’ecologo Tadamichi Morisaka dell’Università di Mie ha spiegato che i delfini tursiopi mordono spesso in segno di amicizia. “Il morso delicato è un comportamento comune tra i delfini tursiopi maschi in natura, utilizzato per mantenere le relazioni. Nella mente di questo delfino, potrebbe aver già costruito una relazione amichevole con gli umani“, afferma l’ecologo. Questo suggerisce che il delfino stia cercando un’interazione piuttosto che attaccare intenzionalmente. Interazioni pro-sociali Secondo Morisaka, i delfini tursiopi vivono generalmente in gruppi e i maschi formano alleanze per avere un miglior accesso alle femmine. Queste alleanze comportano vari comportamenti sociali, tra cui morsi delicati, giochi e anche interazioni sessuali. “I morsi delicati sono un comportamento pro-sociale. Il delfino di Fukui si comporta come se stesse giocando con un compagno maschio, ma con gli umani”, spiega l’ecologo. Rischi e prevenzione Tuttavia, queste interazioni possono evolvere in comportamenti più aggressivi. “A Fukui, siamo in una fase in cui i delfini potrebbero iniziare ad affermare il loro dominio attraverso attacchi. L’estate scorsa abbiamo osservato alcuni di questi comportamenti aggressivi. Con una lunghezza di circa 2,5 metri e un peso di 200 chili, un attacco a una velocità di 20-30 chilometri all’ora potrebbe essere devastante“, avverte Morisaka. Per mitigare questi rischi, le autorità locali hanno installato dispositivi acustici subacquei che emettono suoni casuali per scoraggiare i delfini. Tuttavia, i delfini tursiopi, essendo particolarmente curiosi, potrebbero abituarsi a questi suoni. “Abbiamo visto i delfini tornare sulle spiagge nonostante i dispositivi“, riferisce l’ecologo. Soluzioni future Morisaka suggerisce lo sviluppo di un sistema di rilevamento precoce basato sull’ecolocalizzazione dei delfini. “Un allarme suonerà non appena i delfini si avvicinano, permettendo di far uscire le persone dall’acqua in tempo. Speriamo che, non trovando nulla di interessante, i delfini tornino al loro ambiente naturale.” Sensibilizzazione della popolazione È essenziale sensibilizzare la popolazione sui potenziali pericoli dei delfini selvatici, così come si fa con le orche, note per affondare barche per divertimento. La consapevolezza e la precauzione sono fondamentali per prevenire incidenti e garantire la sicurezza di bagnanti e marinai. In sintesi, mentre i delfini sono spesso visti come creature amichevoli, è importante ricordare che sono animali selvatici con comportamenti complessi. La gestione e la comprensione di queste interazioni sono cruciali per garantire la convivenza sicura tra umani e delfini.
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Vendere la luce solare di notte: lo strano obbiettivo di un’azienda americana

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Reflect Orbital sviluppa una tecnologia per proiettare fasci di luce solare su aree specifiche della Terra, ma il progetto solleva interrogativi su sostenibilità e impatto ambientale. Un’azienda emergente della California, Reflect Orbital, sta sviluppando un sistema innovativo per fornire e commercializzare la luce solare durante le ore notturne, quando normalmente non è disponibile. Questa proposta, attualmente ancora in fase di concept, prevede il lancio di satelliti equipaggiati con enormi specchi riflettenti, capaci di catturare la luce del Sole—che è sempre presente nello spazio—e dirigerla verso specifiche aree del pianeta che si trovano nell’oscurità. In pratica, Reflect Orbital intende proiettare potenti fasci di luce su punti precisi della Terra, selezionati dai clienti, per illuminarli come se fosse giorno. Le sfide riguardanti la fattibilità tecnica, la sostenibilità economica e l’impatto ecologico—che non è da sottovalutare—sono numerose, ma il CEO dell’azienda, Ben Nowack, è convinto del potenziale di questa iniziativa. I video e le campagne pubblicitarie diffuse sui social media hanno già generato un notevole interesse. Del resto, l’idea di poter illuminare qualunque area del pianeta di notte, magari con un semplice tap sullo smartphone, potrebbe trovare impiego in vari ambiti, non solo nel settore dell’intrattenimento. Tuttavia, il vero obiettivo di Reflect Orbital è quello di garantire una fornitura continua di luce ai grandi impianti di pannelli solari, permettendo loro di produrre energia anche durante la notte, superando uno dei principali limiti di questa importante fonte energetica rinnovabile. Secondo quanto riportato da Mashable, la startup statunitense ha finora eseguito alcuni esperimenti con i suoi specchi a bordo di mongolfiere, ma non ha ancora effettuato alcun lancio satellitare. Nei prossimi mesi, è previsto il test dei primi grandi specchi dispiegabili, che rappresenteranno il passo successivo per le prove nello spazio. Per illustrare il funzionamento del sistema attraverso una semplice applicazione per smartphone, il 22 agosto scorso il dottor Nowack ha condiviso su X un video in cui un utente sposta un cerchio di luce su una mappa digitale, toccando lo schermo del suo dispositivo. Dopo aver posizionato il cerchio esattamente sopra la propria posizione, con un clic viene improvvisamente illuminato da un potente raggio luminoso proveniente dall’alto, lasciando sbalorditi i presenti, mentre la telecamera rivela la misteriosa, quasi “divina”, fonte di luce. È probabile che si trattasse di un drone o di un dispositivo simile. Reflect Orbital ha specificato che si tratta solo di un video dimostrativo, e nulla più, sebbene sia difficile immaginare un processo così immediato. Al momento, l’azienda ha aperto le prime prenotazioni (da chiudere entro ottobre) per questi “punti luce” notturni, che dovrebbero essere disponibili entro la fine del 2025. Tuttavia, la realizzazione di tutto ciò non sarà immediata. Anche se la startup riuscisse a lanciare un satellite con uno specchio orientabile nei prossimi mesi, il suo utilizzo sarebbe limitato sia nel tempo che nello spazio. È un po’ come accade con i telescopi spaziali più potenti, il cui uso viene prenotato con anni di anticipo dai centri di ricerca, proprio perché sono pochi e molto richiesti. L’obiettivo finale dell’azienda è lanciare una rete di satelliti simile a Starlink, ma con la funzione di trasmettere la luce solare invece che internet. Un articolo di Space.com ipotizza una flotta di circa sessanta satelliti in orbita polare sincronizzata con il Sole, posizionati a 600 chilometri di altitudine. Ma un progetto simile sarebbe davvero praticabile? Forse le aziende che gestiscono grandi impianti fotovoltaici potrebbero effettivamente beneficiare di un servizio del genere e pagarlo profumatamente, ma i costi dei lanci spaziali sono ancora elevati e la dimensione della rete necessaria, come già evidenziato, sarebbe notevole. Al di là di questi ostacoli imprenditoriali, che potrebbero essere superati con finanziamenti adeguati, ci sarebbero ulteriori problematiche da affrontare. La principale è l’inquinamento luminoso che verrebbe generato da fasci di luce così intensi e diffusi in momenti della giornata in cui dovrebbe prevalere il buio. Piante e animali, compresi gli esseri umani, regolano i loro ritmi circadiani basandosi sull’alternanza di luce e oscurità; alterare questo equilibrio potrebbe avere gravi conseguenze sulla salute di varie specie e sugli ecosistemi in cui vivono. Come se non bastasse, fasci di luce di tale intensità causerebbero un notevole inquinamento luminoso, interferendo anche con le osservazioni astronomiche e astrofisiche. Molti scienziati si lamentano già—e non è un’esagerazione—dei “trenini” luminosi creati dai satelliti Starlink; possiamo solo immaginare cosa accadrebbe se intere porzioni di cielo venissero illuminate a giorno nel cuore della notte. Il progetto di Reflect Orbital è ancora in una fase embrionale e potrebbe riservare molte sorprese in futuro, ma è chiaro che le sfide da superare per rendere questo servizio effettivamente operativo sono molte e complesse.
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Lo stadio del razzo SpaceX non riesce ad atterrare ed esplode. Il video

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Incidente interrompe la serie di atterraggi riusciti: SpaceX sospende un secondo lancio per analizzare l’accaduto. Mercoledì 28 agosto, SpaceX ha lanciato una nuova serie di satelliti Starlink, ma la missione non si è conclusa come previsto. Un razzo Falcon 9 è decollato dalla Florida e ha rilasciato con successo i satelliti nello spazio, ma il suo primo stadio ha incontrato difficoltà durante il rientro sulla Terra. Il razzo ha tentato di atterrare sulla nave drone “A Shortfall of Gravitas” nell’Oceano Atlantico, ma qualcosa è andato storto, interrompendo una striscia di 267 atterraggi e recuperi di booster riusciti. Inizialmente, la missione sembrava procedere senza intoppi, ma durante l’avvicinamento alla piattaforma di atterraggio si sono notate fiamme insolitamente intense alla base del razzo. Poco dopo, una delle “gambe” del sistema di atterraggio ha ceduto, facendo inclinare il booster su un fianco, avvolto da fuoco e fumo, con il rischio di precipitare in mare. “Dopo un’ascesa riuscita, il primo stadio del Falcon 9 si è rovesciato dopo l’atterraggio sulla nave drone A Shortfall of Gravitas“, ha scritto SpaceX in un post su X (precedentemente Twitter). L’azienda ha confermato che le squadre tecniche stanno analizzando l’incidente per comprenderne le cause. L’incidente è avvenuto durante il 23esimo lancio e atterraggio di questo specifico razzo, stabilendo un nuovo record per SpaceX. L’azienda prevede in futuro di certificare i primi stadi dei Falcon 9 per essere riutilizzati fino a 40 volte. In seguito all’incidente, SpaceX ha deciso di sospendere un altro lancio di satelliti Starlink, previsto in California alle 6:58, per dare agli ingegneri il tempo necessario per analizzare i dati di telemetria e le riprese, al fine di individuare eventuali anomalie che potrebbero compromettere i futuri lanci.
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Il Mistero della Lucertola Monitor Senza Orecchie

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Scopri la straordinaria lucertola monitor senza orecchie del Borneo, un rettile raro e minacciato dalla deforestazione. Un'analisi della sua vita notturna semi-acquatica e dei pericoli che la minacciano.
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Nuove ed incredibili creature marine scoperte al largo della costa cilena. VIDEO

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Una recente spedizione, condotta dal Schmidt Ocean Institute, ha portato alla scoperta di un nuovo monte sottomarino e di 20 specie potenzialmente sconosciute alla scienza al largo della costa cilena. Utilizzando il loro ROV SuBastian, i ricercatori hanno esplorato un monte sottomarino ancora senza nome, dove hanno avvistato creature rare, tra cui due sifonofori chiamati Bathyphysa conifera, noti anche come “mostri volanti degli spaghetti”. La spedizione ha anche catturato il primo video di un calamaro Promachoteuthis vivo, un genere di cui si conoscono solo tre specie da esemplari raccolti nel XIX secolo. Il viaggio, durato 28 giorni, ha coinvolto l’esplorazione di 10 montagne sottomarine nella dorsale di Nazca, una catena montuosa sottomarina nelle acque internazionali che potrebbe essere designata come area marina protetta. Il lavoro di mappatura e osservazione ha rivelato un ecosistema di profondità straordinario, con la scoperta di un antico giardino di coralli delle dimensioni di tre campi da tennis. Questa è solo una delle numerose scoperte che evidenziano la biodiversità unica di queste montagne sottomarine, molte delle quali mai viste prima. Il Prof. Alex David Rogers, Direttore scientifico di Ocean Census, ha sottolineato l’importanza di queste scoperte per migliorare la comprensione della distribuzione delle forme di vita su queste montagne sottomarine. Tomer Ketter, co-capo scienziato della spedizione, ha aggiunto che i risultati ottenuti dimostrano la diversità ecologica di queste aree e l’interconnessione degli ecosistemi sottomarini, auspicando che i dati raccolti contribuiscano a future politiche di conservazione.
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Buchi neri: nuove immagini ad alta risoluzione con dettagli inediti

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Gli scienziati hanno scattato le foto dei buchi neri con la risoluzione più alta mai scattata da Terra. Questi due buchi neri, situati nel cuore della nostra galassia e di un’altra galassia chiamata M87, sono stati ripresi dalla collaborazione Event Horizon Telescope (EHT), secondo un nuovo articolo pubblicato su The Astronomical Journal . Le nuove immagini più nitide dei buchi neri sono state create grazie al rilevamento di luce con una frequenza di 345 GHz, che ha potuto essere combinata con immagini esistenti di buchi neri catturate nella luce a 230 GHz. Le nuove immagini hanno una definizione superiore del 50 percento rispetto alle precedenti e rivelano maggiori dettagli delle aree attorno all’orizzonte degli eventi dei buchi neri . “Con l’EHT, abbiamo visto le prime immagini di buchi neri rilevando onde radio a 230 GHz, ma l’anello luminoso che abbiamo visto, formato dalla luce che si piega nella gravità del buco nero, sembrava ancora sfocato perché eravamo al limite assoluto di quanto nitida potevamo rendere le immagini”, ha affermato in una dichiarazione il coautore dello studio Alexander Raymond, ex ricercatore post-dottorato presso il Center for Astrophysics | Harvard & Smithsonian (CfA), attuale astrofisico presso il Jet Propulsion Laboratory (NASA-JPL) della NASA . “A 345 GHz, le nostre immagini saranno più nitide e dettagliate, il che a sua volta rivelerà probabilmente nuove proprietà, sia quelle precedentemente previste sia forse alcune che non lo erano.” Questi buchi neri, M87* e Sgr A*, sono buchi neri supermassicci che si trovano al centro delle galassie. Questi buchi neri sono regioni incredibilmente dense nello spazio dove l’attrazione gravitazionale è così forte che nemmeno la luce può sfuggire da loro. A differenza dei buchi neri di massa stellare, che si formano dal collasso di stelle massicce, i buchi neri supermassicci hanno masse che vanno da milioni a miliardi di volte la massa del sole. Sgr A, o Sagittarius A , si trova al centro della Via Lattea, mentre M87* si trova al centro di una galassia chiamata M87 (Messier 87), a 5 milioni di anni luce dalla Terra. M87* è un buco nero straordinariamente massiccio, con una massa stimata in circa 6,5 ​​miliardi di volte quella del nostro sole, mentre Sgr A* ha una massa di circa 4,3 milioni di volte quella del nostro sole. M87* ha guadagnato fama mondiale nell’aprile 2019 quando è diventato il primo buco nero ripreso direttamente dall’Event Horizon Telescope, rivelando un anello luminoso di gas caldo e polvere che turbinava attorno al buco nero oscuro. A maggio 2022, la collaborazione dell’Event Horizon Telescope ha rilasciato la prima immagine di Sgr A* Queste immagini nella nuova frequenza di 345 GHz sono state catturate utilizzando una rete di più parabole radio in tutto il mondo. Ciò ha permesso ai ricercatori di eseguire l’interferometria a base molto lunga (VLBI) per spiare i buchi neri. Le nuove immagini di frequenza consentono inoltre di combinare le frequenze in un’unica immagine, rivelando una “visione a colori” dei buchi neri. “Per capire perché questa è una svolta, considerate la valanga di dettagli extra che si ottengono passando dalle foto in bianco e nero a quelle a colori”, ha affermato nella dichiarazione Sheperd “Shep” Doeleman, coautore dello studio, astrofisico presso il CfA e lo Smithsonian Astrophysical Observatory (SAO) e direttore fondatore dell’EHT. “Questa nuova ‘visione a colori’ ci consente di distinguere gli effetti della gravità di Einstein da quelli del gas caldo e dei campi magnetici che alimentano i buchi neri e lanciano potenti getti che si propagano su distanze galattiche.” In futuro, i ricercatori sperano di utilizzare la luce a 345 GHz per creare per la prima volta video di buchi neri. “L’osservazione di successo dell’EHT a 345 GHz è una pietra miliare scientifica importante”, ha affermato Lisa Kewley, Direttore di CfA e SAO. “Spingendo i limiti della risoluzione, stiamo ottenendo la chiarezza senza precedenti nell’imaging dei buchi neri che avevamo promesso all’inizio e stabilendo nuovi e più elevati standard per la capacità della ricerca astrofisica da terra”.
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