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La colpa di Sabrina e di Carol? Essere brave a letto

In questi giorni sono accaduti un paio di fatti di cronaca che in altre circostanze avrebbero fatto gridare al femminicidio e al revenge porn. Questa volta non è accaduto e le motivazioni sono numerose. Le vittime sono diciamo così un po’ particolari. Una delle due, Charlotte Angie è una pornostar. L’altra è una preside, viva e vegeta per fortuna, ma tirata in ballo da uno studente maggiorenne il quale ha rivelato di avere con costei una relazione sessuale. Mi sarei aspettato il consueto ammorbamento sul femminicidio, sulla violenza sulle donne, ma curiosamente non è accaduto. In compenso sono avvenute alcune cose piuttosto gravi. Si è dato addosso ad un comico di cui apprendo l’esistenza proprio in questi giorni, reo di aver fatto una battuta cretina contro una povera crista fatta a pezzi ed assurto al rango di erede di Totò Riina, si sono divulgati tutti i particolari della preside, ma non del partner, cosa che già accadde con Tiziana Cantone. Del cui partner nel famoso video che divenne virale, non si sa nulla. Ma di lei si sa tutto. Così quando ci fu la vicenda di Madame Web, pseudonimo di una distinta professoressa, nessuno si fece scrupolo di sputtanarla in rete, mettendola nei guai (anche se va detto che la poveretta ci mise del suo per farsi sgamare)

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Codesto doppio standard ha origine da una banalità che sarebbe finalmente il momento di detonare: il femminismo odierno è un fake. Intendiamoci. Il femminismo ha avuto una dignità fintanto che ha preteso il diritto di voto, di iscriversi all’università, di lavorare, di fare politica, insomma di avere le famose pari opportunità. Ed è diventato un fake quando alle pari opportunità si sono sostituiti i dispari privilegi come le quote rosa (che di fatto sanciscono il fallimento del principio di parità, e che anzi sanciscono l’inferiorità della donna) e in generale una sostanziale misandria, che parte dalla diffusione di un latente odio verso l’altro sesso, sino al manifesto della distruzione del maschio.
Partiamo da un punto. Oggi una donna ha tutti i diritti di un uomo, come è giusto che sia. Può lavorare, può istruirsi, può entrare in politica, in qualche caso diventa persino capo politico della propria area. Ma sembra non bastare loro, per una ragione molto semplice: in realtà tutto ciò che vuole non è la parità ma il privilegio. E la spia di questo è una, chiara, indicativa: la sessuofobia misandrica. Quel meccanismo che porta a vedere la sessualità di un uomo sporca, contrapposta alla visione angelicata della sessualità femminile. Che inevitabilmente salta per aria nel momento in cui nel panorama della dialettica uomo/donna emerge una figura insidiosissima per il “popolo femminile”: la donna brava a letto. Una volta, una bellona con cui studiavo all’università, disse una cosa che nella sua apparente brutalità trovai geniale: “Essenzialmente il femminismo esiste perché molte donne sono cesse. Una donna, se vale davvero qualcosa, non vuole cambiare l’universo maschile. Le basta cambiare uomo”. Al netto delle variabili che potrebbero complicare il senso di un’affermazione in apparenza un po’ limitante, il senso di fondo mi sembra ineccepibile. Una donna non ha bisogno di essere femminista. Se è sufficientemente dotata, può tranquillamente scaricare il suo uomo e trovarsene un altro. Il problema è che partire da questo presupposto farebbe crollare tutto un universo sovrastrutturale che si compone di una galassia di psicologhe, sessuologhe, sociologhe, che è anche business, clickbaiting. Si pensi per esempio alla moda delle pagine dedicate ai narcisisti. Ufficialmente dedicate a chi è vittima di narcisismo (tra cui ci sono anche uomini, mica le vittime di narcisismo sono solo donne, lo sapete sì?), hanno preso una deriva a metà tra il femminismo isterico e la misandria. Non è questione che il narcisismo non esista. E’ una patologia psichiatria serissima e chiunque finisca vittima di un narcisista, ha passato un brutto guaio. Il problema è che per un 10% di persone che effettivamente hanno subìto l’ingiustizia di un narcisista, c’è un 90% che semplicemente ha subìto la giustizia di uno che l’ha trattata come una di poco valore da sfruttare per poi buttare via, oppure uno stronzo che si è fatto gli affari suoi, deprecabile quanto si vuole, ma non necessariamente narcisista. Che una donna può scartare in qualsiasi momento, se è nelle condizioni di farlo. Oppure, può decidere di migliorare se stessa. Ma poiché migliorare se stessi (fisicamente, sessualmente, intellettualmente) costa fatica, cosa c’è di più semplice che trovare nell’universo delle vittime del narcisismo l’assoluzione dai propri peccati, che le consenta di continuare a perpetrare gli stessi comportamenti che hanno delineato il suo “scaricamento”?

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La cosa di cui tanto le femministe quanto la loro versione maschile, gli incel, sembrano non rendersi conto è che l’amore non è qualcosa a cui tutti hanno diritto, nella stessa misura. E’ un incontro tra due persone che, mettendosi insieme per condividere la vita, oppure un pezzo di vita, si scelgono in virtù di specifiche peculiarità: chi cerca il partner bello fisicamente, chi intelligente, chi ricco. Le leggi dell’amore sono, per maschi e femmine, uguali a quelle dell’economia: chi è più ricco dentro e fuori, detta legge. Può scaricare con facilità il partner, può trovarne di molto migliori. Chi invece deve accontentarsi, no. E’ costretto a raccogliere le briciole. E allora trova nel femminismo (così come i maschi trovano nell’universo incel) uno sfogatoio al servizio dell’assoluzione dai propri peccati. Ma quando in quel momento compare sul proscenio la donna fisicamente bella e sessualmente brava, il meccanismo femminista salta. Come è accaduto con Tiziana Cantone. Come è accaduto con la preside Sabrina Quaresima. Come è accaduto con Charlotte Angie. Perché tutte queste figure, belle fisicamente, brave a letto, hanno messo in luce come la differenza tra loro e le femministe sia che mentre le femministe non hanno un ampio ventaglio di scelta, viceversa loro ce l’hanno eccome. Qualche anno fa, sui giornali uscì la storia di una donna sieropositiva che contagiava, senza (pare) saperlo, i suoi clienti e che aveva un vastissimo giro. Dal momento che questa tizia era davvero brutta, ma brutta come la morte, ad alcuni clienti la giornalista chiese cosa avesse di così speciale che tutti ci volevano andare a letto (sottinteso, visto che era brutta). La risposta fu identica “Lei mi ha fatto sentire bello”, “lei mi ha fatto sentire maschio”, “lei mi ha fatto provare emozioni mai viste”.

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In sostanza, il motivo per cui questa volta non si scomoda il revenge porn, in cui si pone l’accento non su quanto sia stronzo l’alunno (che per inciso è maggiorenne, quindi per cortesia non trattatelo come una povera vittima) ma si critica la preside, che non ha commesso alcun reato (al massimo una leggerezza) e non si stigmatizza più di tanto l’omicida – sino al paradosso di Pietro Diomede, che per una battuta oggettivamente cretina, si è tuttavia beccato molti più insulti di quanti se ne sia presi l’assassino (ma non vi sentite ridicoli?) – consiste nella disinvoltura sessuale di queste due donne, che mette a rischio tutto il castello apparentemente morale, in realtà moralistico e bigotto, su cui si muove il femminismo odierno. Perché quando una donna è un concentrato di tossicità nei rapporti col maschio e accade che quest’ultimo magari perde la pazienza e la ammazza oppure si vendica e mette i suoi video online, allora è femminicidio e revenge porn. Giustamente. E tuttavia, curiosamente, e lo abbiamo visto in queste due storie, se invece la donna in questione è brava a letto, non è più femminicidio né revenge porn. E’ lei che è una puttana e quindi “se l’è cercata”. Mentre risulta che in questo caso le vittime siano sempre due donne. Che diversamente dalle altre, hanno avuto solo una colpa: smutandare l’ipocrisia femminista. Perché dovete capire che se una donna di cinquant’anni, invece di passare il tempo su Twitter a fare la femminista patinata e accusare di mansplaining il primo disgraziato che osa contraddirla su qualcosa e su Facebook a scrivere post strappalacrime, prende un diciottenne e se lo scopa, fa saltare tutto il meccanismo. Ci ricorda che le donne hanno un’arma potentissima per cambiare davvero un uomo: lasciarlo e trovarsene un altro. Il problema è che spesso non ne hanno le qualità. Devono contentarsi del maschio di bassa qualità perché forse non possono avere di meglio. A meno di non migliorarsi. Dovrebbero insomma faticare, migliorarsi. Una cosa troppo difficile. Meglio lamentarsi, meglio creare i gruppi facebook dove sputare sul maschio brutto e cattivo. Al servizio delle tante psicologhe che, armate di siti web, con le loro pubblicità su cui cliccare, con i loro libri da pubblicizzare e vendere, non molleranno certo l’osso e saranno pronte ad azzannare chiunque osi mettere in discussione il dogma della donna vittima. E vale ovviamente anche al maschile, si pensi al caso degli incel. I quali vorrebbero la donna ideale senza neanche provare a fare uno sforzo per migliorare se stessi, bannando dai loro forum e insultando chiunque faccia pacatamente notare loro le numerose contraddizioni della loro ideologia.
Perché c’è tutto un business di vittimismo e di suggestioni da salvaguardare. Se si toglie a Cenerentola il diritto di trovare un Principe Azzurro rimanendo una sguattera, e al gobbo di Notredame di conquistare Esmeralda (senza spiegarci perché costoro dovrebbero accontentarsi di una sguattera e di un gobbo) che ne sarà degli incassi di coloro che guadagnano sui sogni e sulle lamentazioni altrui, vendendo favole? Perché si sa, lamentarsi e sognare è l’anima del commercio. C’è l’offerta perché c’è la domanda.
E, come si dice a Napoli, ogni mattina si svegliano un furbo e un fesso. Se si incontrano, l’affare è fatto.

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FRANCO MARINO
Fonte: Il Detonatore.it

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