L’impresa impossibile di fare DeLillo al cinema
Il mondo di Don DeLillo è visionario e oracolare. Visionario perché, come è stato spesso notato, la sua materia prima sono le immagini. Anche le consuete acrobazie saggistiche a cui i suoi lettori sono abituati molto spesso partono da immagini o si risolvono in immagini. In poche parole, è stato uno dei primi scrittori a trasformare in arte il semplice fatto che, a differenza dei nostri avi, viviamo in un mondo ad alta trazione visuale. La sua scrittura è ritmata e icastica, in certi aspetti ricorda le operazioni compiute dall’imagismo di inizio XX secolo. Oracolare perché i libri che vanno da I nomi fino a Cosmopolis sono stati per tanti il testo sacro del tardo capitalismo, opere che, lette dieci o venti anni dopo, ci hanno detto molto del mondo in cui viviamo. DeLillo è uno scrittore iperrealistico, tremendamente attento alle selezioni di stimoli e ai processi attraverso cui il soggetto percepiente costruisce la propria realtà. Il suo materialismo è radicale, ma il singhiozzare paratattico della sua prosa si scompone talvolta in un mistero eleusino (DeLillo è stato il primo,
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