Olindo Romano: «Io e Rosa siamo stati incastrati». Si può riaprire il caso?

L'ex netturbino parla dal carcere di Opera e ribadisce l'innocenza sua e della moglie. Chiede perché non sia stata seguita la pista della droga. Nella strage di Erba, per cui sconta l'ergastolo, morirono quattro persone fra cui un bambino

Impossibile dimenticare la strage di Erba, una dei delitti più efferati degli ultimi decenni. In carcere, a scontare l’ergastolo per la morte di quattro persone, ci sono Olindo Romano e la moglie Rosa Bazzi. Contro di loro una testimonianza chiave che l’uomo, dal carcere di Opera, torna a contestare.

Sono passati 16 anni dal delitto avvenuto nel dicembre del 2006. Si salvò solo Mario Frigerio, vicino di casa della coppia, e fu lui a testimoniare contro Rosa e Olindo. Altri quattro vicini di casa le vittime, colpiti con coltelli e spranghe: Raffaella Castagna, suo figlio Youssef Marzouk, la madre della donna e un’altra residente della corte di via Diaz, Valeria Cherubini, moglie di Frigerio.

Parlando all’Adnkronos, Olindo Romano dice, di nuovo, che bisogna fare chiarezza. «Non so perché non sia stata approfondita la pista dello spaccio di droga, continuo a pensare che sia stato più semplice incastrare due persone come noi non sveglissime e inconsapevoli di quello che ci stava piombando addosso». 

Sulla testimonianza di Frigerio, decisiva per la condanna dice: «È stato utilizzato come noi. Ripenso a quell’uomo, quando lo incontravo, era


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