Sergio Ricciardone ci racconta vent’anni di C2C Festival, un piccolo miracolo italiano
Il festival è sopravvissuto a burocrazia, crisi economica e pandemia diventando un punto di riferimento per la cultura italiana. E l'ha fatto mettendo in cartellone Battiato, Aphex Twin, Kraftwerk, Thom Yorke
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Il C2C Festival è un piccolo – e nemmeno troppo – miracolo all’interno dell’universo dei festival musicali italiani. In vent’anni da piccola utopia torinese è diventato uno degli appuntamenti culturali più importanti della nostra penisola, nonché della geografia dei festival europei riuscendo a raggiungere l’obiettivo che si era posto: trasformare gli estremi e la sperimentazione in pop.
Vent’anni in cui si è passati da piccole club nights a una quattro giorni di eventi, performance, arte che ha visto esibirsi il meglio dell’avant pop, ovvero l’avanguardia che diventa pop. Da Franco Battiato a Thom Yorke, dai Kraftwerk ad Aphex Twin. Per concludere in bellezza questa ventesima edizione, abbiamo chiacchierato con Sergio Ricciardone, fondatore di C2C Festival, per tirare la somma di due decenni al servizio della cultura.
L’ultima edizione del festival è stata circa un mese fa, come stai vivendo il post?
Non vedo ancora la luce fuori dal tunnel, e nel mentre abbiamo iniziato a metterci sul 2023. C’è un’intersezione tra la festival post mortem, come la chiamiamo qui, e l’ideazione dell’edizione del prossimo anno. Il festival è diventato molto più complesso
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