Balenciaga, Dolce & Gabbana e gli altri ‘merdoni’ della moda: i mea culpa servono davvero a qualcosa?
Dagli orsetti fetish alle blackface, fino ai casi di appropriazione culturale: le accuse sono all’ordine del giorno, nella moda, e pochi imparano dai propri errori. Dall’ultimo inciampo di Balenciaga ai precedenti storici che hanno scosso le coscienze di mezzo mondo. A ogni indignazione segue un mea culpa, e a ogni mea culpa segue una gran perdita di denaro e reputazione. La domanda che serpeggia di più tra gli addetti ai lavori, in questi casi, è: “Com’è possibile che nessuno se ne sia accorto prima?”. Stiamo parlando dei numerosi dietrofront che, nel corso degli ultimi anni, le case di moda hanno dovuto fare per prendere le distanze da campagne pubblicitarie ritenute “problematiche”, cospargendosi il capo di cenere, promettendo donazioni o, addirittura, ritirando alcuni prodotti considerati offensivi o colpevoli di appropriazione culturale. Tutto questo, come sempre, all’indomani di shitstorm mediatiche da placare, per non perdere reputazione, popolarità e fette di mercato. Dall’ultimo, eclatante caso di Balenciaga, accusata di aver introdotto riferimenti alla pedofilia nei propri shooting fotografici, agli evergreen storici a opera di Gucci e Dolce & Gabbana: quando si pesta un
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