Il signore delle mosche: il futuro sono gli insetti edibili?

In realtà, senza saperlo, tutti già li mangiamo. Ma utilizzare gli insetti edibili è più che una provocazione: non si tratta tanto di mettersi ad assaggiare grilli, quanto di creare nutrimento di alta qualità – e sostenibile – per gli animali da allevamento. Come ci spiega chi li conosce bene

Questo articolo è pubblicato sul numero 48 di Vanity Fair in edicola fino al 29 novembre 2022

Ogni anno mangiamo più o meno mezzo chilo di insetti, e nemmeno lo sappiamo. Sono le camole della farina con cui si fa la pasta, i moscerini posati sulla verdura raccolta da macchinari che non vanno troppo per il sottile, le larve della frutta.

Un proverbio piemontese dice: gianin de la ceresa sa de ceresa, il vermetto della ciliegia
sa di ciliegia. Come dire: poche storie, di fatto sono la stessa cosa. «Me lo diceva sempre mio padre», racconta Beppe Tresso che con gli insetti edibili ha creato, sette anni fa, la prima azienda italiana del settore, la BEF Biosystems, sette soci, altrettanti dipendenti tutti giovanissimi (entomologi, tecnici alimentari) e la necessità di allargare l’organico. «La nostra idea, però, non è di dar da mangiare gli insetti alle persone, quanto di utilizzarli come cibo per il nostro cibo: creare mangimi proteici di alta qualità con cui nutrire gli animali da allevamento. Ogni anno mangiamo 70 miliardi di animali che a loro volta devono mangiare».

E che cosa


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