Il nuovo box set dei Guns N’ Roses e il paradosso d’essere outsider di successo
Ci hanno messo meno d’un anno, i Guns N’ Roses, per passare da paria dell’hard rock, gente che i delinquenti di strada accoglieva con “benvenuto nella giungla, stai per morire” (o peggio ancora: “la senti la mia serpentina?”) a band più pericolosa del mondo. Il debutto Appetite for Destruction del 1987 era grezzo e maleducato; sulla copertina in salsa sci-fi era ritratta una violenza sessuale mentre i testi sguazzavano nella misoginia e nell’abuso di eroina, e un pezzo (Rocket Queen) conteneva un frammento audio porno in cui una donna gemeva in studio con Axl Rose.
Teoricamente non era roba da disco d’oro, ma canzoni come Sweet Child o’ Mine e Paradise City erano semplicemente fantastiche e negli anni ’80 certe bravate, che oggi verrebbero censurate, erano ancora ben accette, per non dire incoraggiate (qualcuno ricorda Sam Kinison?). Risultato: l’album schizzò al numero uno negli Stati Uniti e ora è doppio disco di diamante. A marzo del 1987 i Guns suonavano al Roxy, il club di West Hollywood, a settembre erano già alla Long Beach Arena. In sei mesi erano diventati i
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