Meditazione e mindfulness hanno un lato oscuro di cui si parla poco

La mindfulness, pratica di meditazione buddista ormai popolare come rimedio per lo stress e il benessere mentale, sta mostrando anche il suo lato oscuro: recenti studi rivelano che una parte significativa dei praticanti può sperimentare effetti collaterali come ansia, depressione e sintomi dissociativi. Sebbene i benefici della mindfulness siano ampiamente pubblicizzati, emerge una mancanza di trasparenza sui suoi possibili rischi. Alcuni esperti sottolineano l'urgenza di informare adeguatamente il pubblico e suggeriscono maggiore cautela, soprattutto nell'utilizzo della mindfulness in contesti terapeutici e clinici.

Meditazione e mindfulness hanno un lato oscuro di cui si parla poco – Scienze Notizie

La mindfulness, pratica meditativa di origine buddhista, è spesso vista come il rimedio ideale contro stress e problemi di salute mentale, grazie anche alla possibilità di praticarla in autonomia a casa. Questo tipo di meditazione si basa sull’attenzione al momento presente, favorendo la consapevolezza di percezioni, pensieri e sensazioni.

Le prime tracce documentate della mindfulness risalgono a oltre 1.500 anni fa in India, dove il testo buddhista “Meditazione Dharmatrāta” descrive tecniche meditative e segnala come alcuni praticanti sperimentassero ansia, depressione e perfino disturbi cognitivi quali psicosi, dissociazione e depersonalizzazione, ovvero la sensazione di un mondo percepito come “irreale.”

Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha concentrato le proprie energie sugli effetti collaterali della mindfulness, dimostrando come non siano affatto rari. Uno studio del 2022, condotto su un campione di 953 persone negli Stati Uniti che meditano regolarmente, ha rilevato che oltre il 10% dei partecipanti ha vissuto effetti negativi che hanno compromesso significativamente la vita


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