Tesla, l’accordo con Glencore cambierà il mercato delle materie prime?

Tesla sarebbe in trattative con il colosso minerario Glencore PLC – multinazionale sotto il controllo della famiglia Glansenberg, da una capitalizzazione di borsa da più di 60 miliardi di dollari e attiva nel settore dei metalli in diversi paesi – per acquisire tra il 10 e 20% delle quote societarie. Un’acquisizione che farebbe di Elon […]

Tesla sarebbe in trattative con il colosso minerario Glencore PLC – multinazionale sotto il controllo della famiglia Glansenberg, da una capitalizzazione di borsa da più di 60 miliardi di dollari e attiva nel settore dei metalli in diversi paesi – per acquisire tra il 10 e 20% delle quote societarie. Un’acquisizione che farebbe di Elon Musk uno dei principali shareholder.

La mossa, che dà credito alle recenti preoccupazioni di quest’ultimo e di molti altri executive del settore automotive sulle necessità di una partecipazione più attiva nel settore minerario, è da considerarsi un vero e proprio game changer per gli equilibri della nascente filiera delle batterie elettriche. Questo alla luce di una generale riluttanza, da parte di colossi automotive, nell’acquisire quote nel settore minerario: tanto per preoccupazioni reputazionali sul brand, considerando le problematiche ambientali, quanto per questioni di sostenibilità finanziaria dal momento che è diffusa l’opinione che gli altri prezzi delle materie prime da sé incoraggeranno nuovi investimenti privati nel settore minerario.

Non si tratta tuttavia di una novità, considerando che negli ultimi mesi lo squilibrio segnalato dalle agenzie di consulenza sulle forniture di litio, cobalto, nickel e grafite per andare incontro alla crescente domanda di batterie si sta clamorosamente materializzando, con una corsa dei original equipment manufacturers (OEMs) come General Motors, Stellantis, Volkswagen e Mercedes a siglare accordi con gli attori della filiera.

Secondo le indiscrezioni del Financial Times le trattative da Musk e Gary Nagle, numero uno di Glencore, sarebbero già avanzate negli scorsi mesi senza tuttavia un accordo definitivo. La multinazionale mineraria, con sede in Svizzera e tra le principali società di trading di materie prime a livello mondiale, controlla circa un terzo delle forniture di cobalto tramite le sue controllate nella Repubblica Democratica


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