Storia ‘diversa’ del cinema: I grandi narratori
Quando si scrive di movimenti del cinema e si circoscrive un periodo occorre sempre considerare i margini. Alcuni esempi: i grandi maestri, che cito ancora una volta, De Sica, Visconti, Rossellini, non solo registi, ma artisti tout-court, sono attivi, vitali, inventori, in un periodo circoscritto al dopoguerra, dalla metà dei Quaranta ai Cinquanta. Certo, quei registi continuarono anche nelle epoche successive, firmando sempre opere di qualità, ma la grande identità, l’invenzione buona per il mondo, rimane in quel primo periodo. Vale anche per Antonioni e Fellini, “artisti” nei Sessanta e Settanta, “registi” fino agli anni Novanta, certo, con energia minore.
Il cinema italiano del realismo valeva anche in virtù di una ragione storica, la condizione del nostro Paese a ridosso della guerra. Dunque gente umile, ferita, tesa alla sopravvivenza, strade percorse da ciclisti più che da macchine, quartieri diroccati, giacche e pantaloni sgualciti. Con la giurisdizione, totale, del bianco e nero. Quando la situazione cominciò a migliorare e prima qualcuno, poi molti, poterono permettersi la Vespa e poi la Cinquecento, e quando i giovani ricominciarono a frequentare le sale da ballo
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