Sotto l’abuso d’ufficio, niente

Insoddisfatta di aver progressivamente circoscritto e depotenziato il reato di abuso d'ufficio, la politica ora tenta di cancellarlo spacciando la misura come spinta alla produttività degli uffici pubblici LeggiIl post Sotto l’abuso d’ufficio, niente è stato pubblicato in originale su Phastidio.net

di Francesco G. Capitani

Va di moda, di tanto in tanto, proporre l’abolizione del reato di abuso d’ufficio – art. 323 c.p. –; o almeno di quel che resta: le tante modifiche hanno fatto della norma un inoffensivo moncherino per le terga di qualsiasi pubblico ufficiale. Eppure anche il nuovo ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ci prova: aboliamolo del tutto, la firma “peserebbe meno” e la burocrazia tornerebbe ad avere fattezze supersoniche. Non è dato comprendere le ragioni di tanta affezione (ma vedremo poi): l’impatto dell’abolizione del reato sarebbe minimo e il vuoto che lascerebbe non sarebbe coperto da un’altra previsione penale.

Andiamo per gradi: l’abuso d’ufficio è una norma di valenza generale e dal significato immediatamente intuitivo; vuol dire vietare ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio di farsi i fatti propri (o dei parenti o degli affini) “abusando” dei propri uffici – questa era la stringata versione della norma prima della modifica ex L. 234/1997. Sarebbe stato punibile anche il pubblico ufficiale che avesse telefonato all’amante dall’apparecchio dell’ufficio, distraendo le funzioni da quelle istituzionali.

Un reato


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