Scuola per aspiranti genitori
«Come immaginate il vostro bambino?». È un pomeriggio di febbraio, sta per fare buio, io e mia moglie siamo al decimo piano di un palazzo di non so quanti piani dietro la stazione centrale. Da quattro mesi veniamo qui ogni giovedì pomeriggio, quello di oggi è l’ultimo incontro per il rilascio del decreto di idoneità all’adozione. I termosifoni sono molto caldi, le finestre chiuse, nella stanza insieme a noi ci sono altre tre coppie di aspiranti genitori ma nonostante la temperatura abbiamo tutti il cappotto addosso, come se avessimo fretta di andarcene. Dev’essere per via di questi corridoi spogli, di questi uffici troppo grandi per i pochi dipendenti che ci lavorano, c’è una desolazione come quella che si avverte nelle scuole quando sono chiuse o nei cinema vuoti. Con le altre coppie ci scambiamo un’occhiata smarrita sperando che qualcuno risponda per primo ma nessuno sa cosa dire.
Ci eravamo lanciati in quest’avventura pieni di entusiasmo, senza nemmeno indagare troppo sui motivi per cui non riuscivamo ad avere figli. Di fronte allo scetticismo di amici e parenti, che ci invitavano perlomeno
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