Quanto potrà resistere Kiev all’assedio degli sgherri di Putin

La capitale potrebbe riuscire a difendersi a lungo grazie ai numerosi rifugi che si possono ricavare dai percorsi sotterranei della profonda rete della metropolitana. Inoltre i tanti canali e affluenti del fiume Dnepr potrebbero costringere i russi a costruire ponti sotto il fuoco nemico. Ma c’è il rischio di catastrofe umanitaria.
I social pullulano ormai di foto e video che mostrano le preparazioni delle difese a Kiev. Dopo la caduta di Kherson (280mila abitanti prima della guerra) e l’inizio dell’assedio a Mariupol (444mila), l’esercito russo dovrà decidere se concentrare le proprie risorse sull’avanzata nel sud del paese o se lanciare un assalto decisivo ai due obiettivi più politicamente prestigiosi: Kiev e Kharkiv.  Le due metropoli, rispettivamente con una popolazione di 2.8 e 1.4 milioni, richiederanno un impegno ben maggiore a causa delle loro dimensioni. È in questi contesti operativi che la strategia ucraina di difesa totale, cioè la mobilitazione trasversale di tutta la società contro la minaccia russa, potrebbe dare i frutti sperati.
La campagna di armamento dei civili, la produzione in massa di cocktail molotov e le armi fornite dall’Occidente – soprattutto i missili da spalla anticarro – dovrebbero essere particolarmente efficaci in zone urbane, dove molti dei vantaggi (su carta) dell’invasore dovrebbero essere annullati.

Il combattimento urbano è considerato un quadro di combattimento da incubo per la maggior parte degli eserciti. Una città moderna è una zona di difficile navigazione sia da un punto di vista fisico che umano: è un insieme di edifici costruiti spesso con materiali simili a quelli utilizzati nella costruzione di bunker, e gli abitanti fanno parte di reti sociali, economiche e politiche molto più complesse e resilienti di quelle lineari che animano una normale struttura di comando. Ciò rende molto più difficile piegarne la resistenza e imporre una resa.

Anche la superiorità aerea o gli attacchi d’artiglieria hanno poco effetto: colpi mirati contro singoli edifici semplicemente spingono i difensori a spostarsi in nuove casematte, mentre bombardamenti a tappeto creano dei veri labirinti di macerie facilmente difendibili (a meno che l’attaccante non sia in grado di approfittare immediatamente dello choc nemico). Il metodo più efficace per attraversare interi distretti è aprendosi varchi attraverso i muri, utilizzando bulldozer corazzati o cariche esplosive; si tratta tuttavia di un metodo lento e che mal si presta all’immensità di Kiev (839 chilometri quadrati, quanto Berlino).
La geografia di Kiev 
La capitale si presta a una difesa prolungata per diversi motivi: la presenza di una rete della metropolitana abbastanza sviluppata offre numerosi rifugi e percorsi sotterranei per rafforzare in profondità la rete difensiva. A ciò si aggiunge il sistema di canali e affluenti del possente fiume Dnepr, che potrebbero costringere i russi a costruire ponti sotto il fuoco nemico. Anche il variegato patrimonio immobiliare della città è una variabile da considerare.

Le difficoltà russe
L’efficienza dell’offensiva russa su Kiev dipenderà anche dall’obiettivo che il regime di Mosca si è preposto. La strategia ucraina consisterà probabilmente nel guadagnare il maggior tempo possibile, permettendo alle forze armate di organizzare ulteriori linee difensive nella zona di Leopoli e di rifornire le proprie unità con armi occidentali. L’obiettivo politico della resistenza urbana è però altrettanto, se non più importante: costringendo i russi a una sanguinosa battaglia casa per casa, il governo potrebbe garantirsi un supporto prolungato da parte dell’opinione pubblica dei paesi NATO e dare credibilità alla promessa di resistere senza quartiere all’aggressore, aumentando anche i costi dell’invasione per Mosca.

Un combattimento casa per casa esacerberebbe le difficoltà che l’esercito russo ha incontrato in queste prime fasi della guerra. L’inefficiente coordinazione fra fanteria e forze corazzate, necessarie per proteggere i carri armati da imboscate e supportare la fanteria con calibri pesanti, potrebbe rivelarsi fatale in un contesto urbano. Anche il sistema di supporto aereo on demand si è rivelato quasi inesistente nella pratica.

Nel caso i russi riescano effettivamente ad accerchiare la capitale, come sembrano voler fare se si considerano gli attacchi probatori fatti a ovest ed est della metropoli, allora Mosca potrebbe privilegiare un approccio già testato in Siria: l’assedio prolungato. Affamare la città provocherebbe ovviamente una catastrofe umanitaria, che però si presterebbe alla strategia russa di divide et impera. Dopo l’intervento nel paese arabo, la leadership del Cremlino si è infatti prodigata nella negoziazione di quattro cessate-il-fuoco locali per interrompere i combattimenti in diverse città del paese. Questo portò vantaggi militari al regime di Assad, che poté congelare alcuni fronti concentrando le proprie forze su un settore alla volta.
Ancora più cruciali furono però i vantaggi politici di una tale mossa. Nel corso della guerra in Siria, i due regimi sono riusciti a raggiungere accordi con gli oppositori locali per trasferire gli elementi indesiderati più militanti nella zona di Idlib, dove vigeva una di queste tregue. Così facendo, Mosca e Assad riuscirono a impossessarsi di roccaforti ribelli e concentrare geograficamente gli avversari del governo.
L’ascesa di un governo fantoccio o di un’amministrazione filorussa nei territori occupati potrebbe incentivare questo tipo di epurazione politica, magari favorendo un’emigrazione di massa degli ucraini più filoeuropei nell’Unione Europea. Far scendere a patti il governo legittimo richiederebbe però una campagna di violenza scellerata contro i civili, ponendo Kiev davanti a una scelta da incubo: meglio Stalingrado o Idlib?
Fonte: Linkiesta.it

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