«Non ci piacciono molto le vite dei supereroi». Zitti tutti, parlano le ‘Diabolike’
Giulia Massaglia e Stefania Caretta tengono gli occhi sul foglio bianco e li lasciano correre dietro al contorno di una matita che all’improvviso diventa il passamontagna più iconico della storia del fumetto. I loro disegni sono ora fughe rocambolesche, ora dichiarazioni d’amore sussurrate dopo un colpo milionario. Le due disegnatrici, che ormai tutti conoscono come “le Diabolike”, girano l’Italia per portare il re del terrore vicino al suo pubblico che da sessant’anni rimane fedele all’appuntamento in edicola per scoprire una nuova avventura. Durante gli eventi a cui partecipano è facile vederle impegnate in una specie di rituale fatto di movimenti possibili solo alle loro mani, in gesti che oggi hanno il compito di trasformare in immagini le storie nate dalla fantasia delle sorelle Giussani. Angela e Luciana nel mondo ultramaschilista del 1962 cambiano le regole con un’innovazione epocale: nel loro Diabolik, infatti, l’eroe protagonista e ancor di più l’eroina non sono buoni, anzi. Non solo sono cattivi, sono assassini.
Diabolik ed Eva Kant uccidono. Con il tempo poi il personaggio di Eva diventa sempre più indipendente anche dal compagno, a
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