Mattarella e l’abuso del decreto-legge. Scrive Celotto
Nella nostra Costituzione, l’art. 77 configura il decreto-legge come un atto eccezionale. Un atto con forza di legge che può essere adottato dal governo soltanto “in casi straordinari di necessità e di urgenza”, che resta in vigore soltanto per 60 giorni entro i quali deve essere convertito in legge dalle Camere. Per i primi 20 anni di vita repubblicana, i governi hanno usato il decreto-legge soltanto per fronteggiare calamità o affrontare imprevedibili emergenze finanziare (ad es., aumentare il prezzo della benzina per “fare cassa”).
Poi dalla fine degli anni ’60, forse per la prima volta con il decretone Colombo del 1969, i governi hanno scoperto la grande potenzialità politica di questo strumento. Così il decreto-legge ha perso la sua straordinarietà ed è stato usato per urgenze politiche, cioè per attuare in fretta punti del programma politico. Perché il decreto-legge ha il vantaggio di entrare subito in vigore e di imporre un tempo rigoroso di esame alle camere, che entro 60 giorni devono pronunciarsi. Quando a fine 1974 il IV governo Moro pensò di istituire il nuovo Ministero dei
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