Lavoratori e governo remano insieme per l’Ilva. Parla Benaglia (Fim Cisl)

L’Ilva, o meglio l’ex Ilva, non può morire. Senza il suo polmone d’acciaio, addio politica industriale italiana. Sono giorni che il ministro del made in Italy, Adolfo Urso, va predicando la necessità di un riassetto dei principali comparti, dalla siderurgia, alle telecomunicazioni, passando per la logistica. Impossibile immaginare una sana e strutturale crescita senza che […]

L’Ilva, o meglio l’ex Ilva, non può morire. Senza il suo polmone d’acciaio, addio politica industriale italiana. Sono giorni che il ministro del made in Italy, Adolfo Urso, va predicando la necessità di un riassetto dei principali comparti, dalla siderurgia, alle telecomunicazioni, passando per la logistica. Impossibile immaginare una sana e strutturale crescita senza che i motori girino a velocità di crociera. E il primo capitolo da affrontare è il polo tarantino, che negli ultimi anni non ha mai praticamente conosciuto pace.

Breve riassunto. A Taranto, oggi controllata al 62% da Arcelor Mittal e partecipata al 38% dallo Stato via Invitalia (solo nel 2024 il governo diventerà padrone dell’ex Ilva, salendo al 60%), è di nuovo allarme cassa. Il miliardo di euro che il governo Draghi ha stanziato è fermo in attesa del via libera del nuovo esecutivo. E nel frattempo il caro energia sta mangiando tutta la liquidità tanto che quest’anno, ha ricordato Franco Bernabè, presidente di Acciaierie d’Italia, controllata di Mittal, “abbiamo speso quasi 1,4 miliardi di energia, a fronte dei 180 milioni spesi 2020”.

Due giorni fa,


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